Repubblica: “Walter Sabatini: «Samp? Con questa scelta, come con il Palermo, posso tornare a frequentare…»”
Walter Sabatini è della Sampdoria. Ecco alcune delle sue dichiarazioni rilasciate durante la conferenza stampa di presentazione e riportate nell’edizione odierna de “La Repubblica”: “Walter Sabatini, perchè la Sampdoria? «Tanti motivi. Il primo: impossibile resistere alla seduzione di Ferrero, al corteggiamento di Romei e Osti. Mi hanno riempito di stima». Il secondo? «Con questa scelta, come con il Palermo, posso tornare a frequentare la mia utopia calcistica. Lo so che si vive di concretezza, ma io non rinuncio ad essere un sognatore. Coltivo una speranza: essere come la Juventus o la Roma. Parto sotto, ma, se possibile, non voglio esserlo alla fine. Non mi piace essere subalterno. La Sampdoria non dovrà mai accettarlo. So di poter apparire arrogante, spaccone, ma se non vivo di questa utopia, mi annoio. Non poteva esserci alla Roma e all’Inter, il vero termine di paragone è Palermo. Un’utopia, come dice Ferrero, stimolante e non velleitaria». Altre ragioni? «Una terza, personale, per certi versi la più importante. Sette anni fa con questa società ho contratto un debito, rimasto latente nella mia testa. Avevo già un accordo con Riccardo Garrone, raggiunto in una nuvola di fumo, lui il sigaro, io le sigarette. Fui costretto a sottrarmi, a dirgli tempo dopo che non sarei potuto venire. Ricordo la sua faccia, in qualche modo lo avevo tradito. È il momento di saldare quel debito. Mi aveva preso come persona, come carisma. Ora sono anche il suo direttore sportivo, mi sento in pari, posso rispettare anche la parola data a lui». Con la sua utopia non le sembra di alzare troppo l’asticella? «Io non sono uno sbruffone, mi piace la sfida. Da bambino volevo sempre giocare in inferiorità numerica. Ripongo molta fiducia in Giampaolo, rappresenta un valore aggiunto, può essere di grande aiuto nel conseguimento della mia ambizione. Lo seguo da quando faceva l’allenatore ombra a Giulianova, nel mesozoico. Quando allenava a Cesena, ho cercato di portarlo a Roma. È un bomber, può diventare un top. Di lui si dice: è bravo, ma… È bravo e basta». Ma quale può essere lo scudetto della Samp? «Nei pensieri sublimi io voglio pensare all’Europa. Quale Europa? L’Europa. A Palermo il primo giorno dissi a Zamparini: dobbiamo arrivare in Champions. Mi disse: lei è matto. La Samp, vincendo a Roma, me la tolse per un punto. Ora me la deve restituire». Per volare così alto ci vogliono giocatori come Paredes. «Non verrà, non possiamo andare su giocatori del genere, che peraltro io stimo tantissimo. Paredes è un buon centrocampista, ad Empoli Giampaolo lo ha trasformato in un grande regista. Ma ora guadagna troppo, non è funzionale ad un progetto di sviluppo. Dovremo cercare altri profili. Il nome però mi serve per rafforzare il concetto Giampaolo: il mio istinto non mi tradisce mai, lo considero un demiurgo. Sa forgiare un modello di gioco, un’idea. Nella proposta didattica è talmente evoluto che è molto vicino alla perfezione. A volte è troppo pragmatico, spero si conceda qualche sberleffo, ma è tra i migliori allenatori d’Europa. Spero di dare buon materiale al suo laboratorio calcistico». Come immagina il suo rapporto con Ferrero? «Il presidente è un artista, un depositario della follia. La follia è necessaria. È un grande motivatore, come carattere siamo simili. Ci affidiamo a due pragmatici come Romei e Osti. Saranno il nostro calmiere». Ogni anno la Samp parte forte e crolla nel finale. Ha già pensato ad un rimedio? «Io non riesco a metabolizzare la sconfitta, è un dolore che si rinnova ogni volta. Mi fa sentire in colpa, non mi ci abituo mai. Ogni squadra ha il suo target, fra poco la Samp verrà posizionata, vedrete, si parlerà di nono o decimo posto. È legittimo farlo, non è legittimo crederci. Dovremo essere noi a stabilire il nostro vero valore. I calciatori non devono accettare il preconcetto, devono combattere contro quella dimensione attribuita». Perchè ha firmato per un solo anno? «È una mia abitudine. Voglio alleggerire la società. Ferrero ha in mano un’opzione unilaterale, firmata da me in bianco. Un rinnovo. Possono esercitarlo quando vogliono. D’altra parte la storia parla per me: se mi trovo bene, sto all’infinito. Altrimenti mi dimetto: addio contratto e addio soldi». Lei viene dalla cocente delusione patita all’Inter. «Storia alle spalle, cambiati i presupposti, esperienza asfittica, non avrebbe avuto senso continuare. Io sono infervorato da questa nuova avventura, non dobbiamo rifare la rosa, ma integrarla. Abbiamo le idee chiare. Il calcio di oggi rende necessaria una mobilità forte e istantanea di giocatori, se la società non genera plusvalenze, non può stare al passo degli altri. La Sampdoria in questi quattro anni ha fatto benissimo, io sono venuto qui per continuare questa filosofia e, se possibile, migliorarla ulteriormente. Per questo do molto valore al laboratorio calcistico permanente curato da Giampaolo». Suo fratello è l’allenatore della Primavera del Genoa. Ora calcisticamente sarà anche un “cugino”. «Non lo sento da un po’. Gli parlerò, andremo a cena e cercheremo di non parlare di calcio. Ora siamo su due pianeti diversi». Cosa pensa di Pecini? «Mi ha sempre impressionato il suo modo di lavorare, è bravo, gli auguro le migliori fortune». E di Osti? «Io sono un arrogante educato. È l’unico che può parlare di calcio alla pari con me. Perchè lo stimo molto»”.