Repubblica: “Violenza sessuale di gruppo, i giudici del Riesame: «Lucarelli e Apolloni si giocarono la precedenza per abusare della ragazza»”
L’edizione online de “La Repubblica” si sofferma sullo scandalo del figlio di Lucarelli accusato di violenza sessuale.
È la notte tra il 26 e il 27 marzo di un anno fa. Discoteca “Il Gattopardo”, zona Sempione. Una ragazza esce dal locale. È sola, ha perso di vista la sua amica. E ha bevuto, come confermano i buttafuori, che ricordano di averla vista alterata. La studentessa americana incontra un gruppo di cinque italiani. Sale in macchina con loro. Vuole tornare a casa sua. Finisce nell’abitazione di Lucarelli. Lì, come racconterà in seguito alla polizia, subisce atti sessuali da Apolloni e dal figlio dell’ex campione del Livorno, che in mattinata la riporta a casa. Pochi giorni dopo, la vittima denuncia. L’inchiesta della squadra mobile diretta da Marco Calì, dall’aggiunto Letizia Mannella e dal pm Alessia Menegazzo, porta entrambi ai domiciliari.
Durante l’interrogatorio di garanzia, Apolloni parla di “liberazione” perché può raccontare la sua versione. Parla di quella notte, di un clima “scherzoso reciproco”, di non aver capito che la ragazza fosse “così ubriaca”. Poi i rapporti sessuali. Uno, Apolloni e Lucarelli se lo sono “giocati” a “sasso carta forbice”. Nessun dissenso, a suo dire, da parte della studentessa. Però ammette: “Non sapeva di essere filmata”. Perché in quell’appartamento, così come in macchina, i cinque amici filmano: “Sto facendo un documentario…”, dice uno degli indagati. Negli audio si sente l’esaltazione del gruppo, si colgono le intenzioni. Frasi dai toni “grevi, volgari, violenti”, scrive il giudice. Dette in italiano, che la studentessa non comprende. Per Lucarelli, quella ragazza sembrava solo “estroversa ed esuberante”. Dice che non aveva capito che volesse tornare a casa dopo la disco e che “non era stata forzata in alcun modo”.
Dalle sue parole agli investigatori, considerate pienamente attendibili, la studentessa ripete di essersi opposta. “Io ho detto di no, che questo non poteva succedere. Stavo muovendo la testa continuando a dire di no”. Sulle condizioni della ventenne, sul fatto che avesse bevuto, che a stento si reggesse in piedi mentre saliva a casa degli indagati, si concentra il ragionamento dei giudici del Riesame (Pendino-Ambrosino-Alonge). Un atto che puntella l’indagine dei pm. Per il Riesame, gli indagati si sono approfittati delle condizioni della ventenne. Per Lucarelli e Apolloni il Riesame intravede un rischio di reiterazione. Perché anche le intercettazioni con i familiari “tradiscono l’idea di fondo che solo la violenza fisica, la minaccia o uno stato di semi incoscienza” della vittima rappresentino una “vera” violenza sessuale. Per questo la misura dell’obbligo di dimora e il divieto di uscire di sera è un “presidio cautelare”. Un “monito” per il futuro”.