L’edizione odierna de “La Repubblica” si sofferma sui focolai siciliani. Il primo vero “focolaio”, se così si può definire, che scoppia in Sicilia è a Sciacca. Tutto per una pessima gestione dell’emergenza Coronavirus. Il 6 marzo una dottoressa dell’ospedale cittadino risulta positiva. Si scoprirà, poco dopo, che era entrata in contatto con persone originarie di Bergamo nei giorni precedenti. Il risultato? Scatta l’allarme in tutto l’ospedale, tamponi a tappeto, ma ormai è tardi: venti tra medici, pazienti e infermieri risultano positivi al virus. C’è di più: interi reparti vengono messi in quarantena e alcuni pazienti contagiati vengono trasferiti in ospedali vicini. E a loro volta ci saranno altri contagi legati al “focolaio” di Sciacca. Nel dettaglio, sei a Ribera, uno a Santa Margherita Belice, uno a Siculiana e uno a Menfi. I casi Villafrati, Salemi e Agira. L’ultimo caso anomalo nei contagi del virus è stato quello della casa di riposo di Villafrati, dove 16 anziani sono risultati positivi al coronavirus. A quanto pare, una studentessa arrivata da una regione del Nord nei giorni scorsi è andata a salutare il nonno, dando il via alla catena di contagi: al momento cento, tra dipendenti e altri ospiti della struttura, sono in isolamento. Mentre ieri è stata registrata un’impennata di contagi anomali a Salemi, nel Trapanese, dove i “positivi” sono ben 15. «Non sappiamo cosa sia successo» , dice il sindaco Domenico Venuti, che ha chiesto l’intervento del governatore Nello Musumeci, che ha creato una zona rossa non solo a Salemi, ma anche ad Agira dove si contano tre morti e nove contagi.