Repubblica: “Ventura e De Biasi, quei due allenatori con radici siciliane. L’azzurro: «Nell’Isola capii che avrei allenato». L’albanese: «Bei ricordi, ma a Zamparini ho detto no»”

“Uno, da allenatore, girava per le strade di Giarre a bordo di una Panda rossa targata Genova. L’altro, da calciatore, scorrazzava per Palermo con la sua Volvo grigia targata Treviso. Automobili a parte, Giampiero Ventura e Gianni De Biasi che si affrontano venerdì sera al “Barbera” sulle panchine di Italia e Albania, hanno in comune una storia che parte dalla Sicilia. Quella del commissario tecnico della nazionale azzurra è la storia delle radici da allenatore. Quella del cittì dell’Albania è invece la storia delle sua radici di calciatore.
Quando Gianpiero Ventura arrivò a Giarre nel 1992 gli fecero credere che il campo sul quale la sua squadra avrebbe giocato e si sarebbe allenata era in erba, ma all’epoca a Giarre si giocava sulla terra battuta. Per Ventura fu un piccolo problema logistico di un’avventura che il selezionatore degli azzurri ricorda ancora con piacere.  Quello fu un anno straordinario dal punto di vista tecnico e soprattutto umano. Ventura, che arrivava dalla Pistoiese, era chiamato a sostituire nel cuore dei tifosi giarresi Angelo Orazi, passato al Palermo. Era il campionato che in quegli anni si chiamava di serie C1. Un campionato che Ventura e il suo Giarre giocarono da protagonisti arrivando quarti alle spalle di Palermo e Perugia. Giarre, al di là del calcio giocato, entrò nel cuore di Ventura come luogo, come stato dell’anima. Le passeggiate negli agrumeti inondati dal sole, le ciliegie mangiate in compagnia della gente del posto, il caffè con gli amici, l’affetto dei tifosi testimoniato in ogni occasione sono tutte cose che ancora oggi fanno parte del bagaglio umano del commissario tecnico azzurro. Un binomio che a novembre è stato sancito anche a livello formale e burocratico dal consiglio comunale di Giarre che ha deciso di conferirgli la cittadinanza onoraria «A Giarre – ha sempre detto Ventura – ho capito che avrei potuto fare l’allenatore. Sino a quel momento mi dividevo tra la panchina e l’insegnamento. Dopo i risultati ottenuti con il Giarre decisi che la mia strada sarebbe stata quella della panchina ». Una decisione sulla quale ha influito anche il rapporto con la gente. Un rapporto che è tornato d’attualità in questi giorni. «Era la mia prima esperienza al sud e proprio a Giarre è nata la mia passione per la gente del meridione. Un rapporto particolare e intenso fatto di emozioni che mi porto dentro ancora oggi».
L’affetto della gente di Sicilia lo ha provato sulla sua pelle anche Gianni De Biasi che giocò nel Palermo tre stagioni, tra il 1983 e il 1986. A Palermo, ancora oggi, De Biasi è l’uomo della bottiglietta. 16 dicembre 1984, il Palermo gioca a Messina un derby sentitissimo. Dagli spalti del “Celeste” arriva una bottiglietta di plastica. Mezza piena per chi pensò che De Biasi non fosse in grado di continuare la partita. Mezza vuota per chi invece sostenne che il centrocampista non si fosse fatto nulla. De Biasi venne trasportato al Policlinico di Messina dove gli venne refertato un trauma contusivo all’ altezza del rene con una prognosi di quattro giorni. Il Palermo fece ricorso chiedendo la vittoria “a tavolino”, ma la giustizia sportiva, con una decisione per quei tempi inusuale, confermò il 2 a 1 in favore del Messina allenato da Scoglio con Schillaci centravanti. «A Palermo – dice De Biasi – ho giocato tre anni e conservo ricordi splendidi. Ancora oggi ho tanti amici palermitani e conservo uno splendido ricordo della città». E dire che qualche tempo fa De Biasi stava per tornare a Palermo, questa volta come allenatore. «Zamparini mi ha chiamato – dice De Biasi – Ho preso due giorni di tempo e alla fine ho accampato una scusa per dire no. Ho Palermo nel cuore ma non me la sono sentita di accettare la panchina»”. Questo quanto riportato da “La Repubblica”.
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Redazione Ilovepalermocalcio