Repubblica: “Valente il fedelissimo reti pesanti e assist al servizio di Baldini”

L’edizione odierna de “La Repubblica” si sofferma sul fedelissimo di Baldini, Nicola Valente.

Con il suo ritorno di quattro mesi fa, Silvio Baldini ha ritrovato una città che ha sempre apprezzato ma, oltre a questo, ha potuto ammirare nuovamente gli scatti sulla fascia del suo esterno destro. Nicola Valente è anche qualcosa in più per l’allenatore: è il suo fedelissimo, che sta ripagando la fiducia con reti e assist.

Per entrambi il pallone è pura passione ma anche elemento centrale di un sogno condiviso, tuttora in corso da due anni, in attesa di svegliarsi nel miglior modo possibile. Dopo due stagioni insieme con promozione sfumata alla Carrarese, quando il tecnico si è riseduto a dicembre sulla panchina del Palermo si è pensato per primo al nome di Valente tra i possibili migliori interpreti del nuovo schema di gioco.

Le attese si sono tramutate in numeri concreti: la rete al Monopoli di sabato scorso gli ha consentito di ottenere il suo personale record realizzativo tra i professionisti, con otto centri stagionali (7 in campionato e uno in Coppa Italia). In Puglia, così come ad Avellino, sono state firmate in complicati scontri diretti fuori casa e hanno contribuito a raggiungere i successi.

Non solo gol: ci sono pure sette assist nel bottino di Valente, uno dei volti in primo piano del progresso di gioco e risultati che hanno consentito al Palermo di Baldini di andare al secondo posto. L’allenatore lo ha riportato nel suo ruolo tradizionale di esterno alto, in cui non deve spendere eccessive energie per coprire tutta la fascia come con Filippi. La maggiore lucidità ha di conseguenza prodotto più reti e assist.

Tra Baldini e Valente c’è un legame stretto, sotto il segno della filosofia offensiva ma anche della passione per il calcio. A Carrara, il tecnico tornò ad allenare dopo sei anni lontano dalla panchina senza percepire lo stipendio, solamente per la gioia di farlo. Valente, invece, iniziò la sua carriera nel 2010 in un club di un quartiere di Verona.

Era soltanto un ragazzo spensierato con il sogno di giocare a pallone e dopo due stagioni ci fu l’opportunità di andare in serie Da Legnano. Allora ventenne e senza procuratore, si rese conto troppo tardi di aver firmato un contratto che lo vincolava fino a 25 anni. A un certo punto, decise di acquistare il suo cartellino per essere padrone del proprio futuro: «A 23 anni ho investito su di me, per poter giocare tra i professionisti – ha raccontato – Ho sofferto tanto in quelle categorie, perché mi venivano negate delle possibilità».