L’edizione odierna de “La Repubblica” si sofferma sul caso che vede il calciatore Matteuzzi accusato di omicidio.
A luglio lo aveva denunciato per stalking perché viveva con l’incubo di trovarselo sotto casa. E così purtroppo è stato. Martedì sera Giovanni Padovani, 27 anni, ha aspettato all’ingresso del civico 42 di via dell’Arcoveggio (periferia di Bologna), la sua ex Alessandra Matteuzzi, 56 anni, e l’ha uccisa a martellate. «L’ho sentita urlare Aiuto, Giovanni ti prego, no!», ha detto la sorella Stefania che era con lei al telefono al momento dell’omicidio. Quando i poliziotti sono arrivati, chiamati dai vicini che hanno sentito le grida, l’assassino era ancora lì, con il martello in mano. Il ragazzo, originario di Senigallia (Ancona), calciatore di serie C e D, che giocava in Sicilia con la Sancataldese, è ora accusato di omicidio aggravato. I due si erano conosciuti un anno fa, «ma da gennaio — racconta la sorella — era diventato un incubo: era convinto che lo tradisse».
Lei lo aveva lasciato dopo alcuni episodi di violenza. Non era stata mai aggredita fisicamente, ma in più occasioni lui aveva rotto piatti, lanciato bicchieri. Secondo i familiari della vittima, «Padovani la perseguitava. Lei se lo trovava per le scale, sotto casa. E quando non gli rispondeva al telefono, lui iniziava a chiamare anche noi, insultandoci». Il 29 luglio, ormai esasperata, Alessandra Matteuzzi lo ha denunciato. La procura ha aperto un fascicolo, ma nei confronti dell’uomo non sono mai stati adottati provvedimenti restrittivi. I carabinieri stavano preparando un’informativa per i magistrati, ma aspettavano di completarla interrogando testimoni che erano in ferie.
I fatti dicono che c’è stata una sottovalutazione. Matteuzzi, agente di commercio per alcune case di moda, però aveva chiesto spiegazioni. La sorella racconta: «Nei giorni scorsi Alessandra era avvilita. Mi ha detto che aveva chiesto informazioni (sull’iter della denuncia, ndr) ma che le avevano risposto che c’era da aspettare la Procura». Terrorizzata, ogni volta che tornava a casa, chiamava al telefono la sorella. «La faceva stare più tranquilla — racconta Stefania — anche se è stato inutile. È servito solo a farmi sentire la morte in diretta di Sandra».