L’edizione odierna de “La Repubblica” si sofferma sul forte maltempo che sta investendo la Sicilia.
Centoventuno eventi estremi dal 2010 a oggi, con una media di undici l’anno e numeri da isola che diventa tropicale: 52 allagamenti gravi, 27 trombe d’aria, 24 casi di danni a infrastrutture, 11 esondazioni. Il resto sono frane, oppure l’estremo opposto, cioè la siccità prolungata. E pensare che il censimento dell’Osservatorio Città clima di Legambiente sulla Sicilia è aggiornato al 5 ottobre scorso — quando proprio a Catania il forte vento aveva devastato gazebo e alberi del centro — e non tiene conto ancora del nubifragio che si è abbattuto sul capoluogo etneo e che potrebbe raggiungere il picco tra domani sera e venerdì.
Basta questa ricostruzione per fotografare il clima impazzito della Sicilia, che annovera tre delle 15 città italiane più colpite negli ultimi 10 anni: Agrigento con 31 eventi estremi, poi Palermo con 15 e Catania con 11.
È la lunga cronaca dei disastri, che spesso si sono combinati con il dissesto idrogeologico. Dall’alluvione di Giampilieri nel Messinese del 2009, quando 220 millimetri di pioggia causarono 37 morti, a un lunga fila di disastri, che ha avuto una brusca accelerazione dal 2018: dall’esondazione del fiume Milicia, che a Casteldaccia cancellò una villetta e quasi due famiglie con 9 vittime di cui due bambini, alla tragedia sfiorata a Palermo l’estate scorsa, con centinaia di automobilisti sorpresi da 135 millimetri di pioggia in poche ore e intrappolati nei sottopassi della circonvallazione. « Per mitigare i danni — dice il vicepresidente di Legambiente e responsabile dell’osservatorio Edoardo Zanchini — le città siciliane hanno bisogno di un piano di adattamento al clima, come nelle città del Nord Europa e come sta facendo Milano per le esondazioni del Seveso, di recente Torino e poi Padova e Bologna».
Mentre le piogge continuano a cadere copiose sulla Sicilia orientale, i meteorologi studiano un evento straordinario con pochi precedenti, perché rischia di prolungarsi per cinque giorni. « Generalmente questi fenomeni durano 24 o 48 ore con piogge intense in poche ore — osserva Vincenzo Insinga, meteorologo di 3bMeteo — questa volta siamo di fronte a quello che non è più ciclone, ma un uragano mediterraneo, con dimensioni non paragonabili a quelle dei grandi eventi statunitensi, ma con dinamiche scientifiche simili, che potrebbe avere il picco tra giovedì sera e venerdì con eventi di tipo tropicale». E secondo gli esperti la causa risiederebbe proprio nella capacità del blocco di bassa pressione di alimentare la perturbazione.