L’edizione odierna de “La Repubblica” si sofferma sulla delusione dei 32mila del Barbera.
Fedelissimi che non hanno cambiato la maglia dell’ultima vittoria per scaramanzia, papà con i figli, famiglie intere che si scattavano un selfie di ricordo, bardati di sciarpe, cappellini e gadget del Palermo. Tante piccole formiche vestite di rosanero si sono dirette nella tana degli oltre 30mila già a partire dalle 18 per una giornata che doveva essere la festa del tifoso dell’aquila.
«Sono stato per anni un fedelissimo, adesso vengo solo per le partite importanti, come quella con il Frosinone e questa finale — diceva Salvatore Carullo, accanto alla figlia Chiara vestita di rosa, davanti ai cancelli, in attesa del pullman di Brunori e compagni — Il futuro del tifo per questa squadra sono loro, i nostri figli».
E si agitava come un forsennato il piccolo Christian, un soldo di cacio con la cresta tinta di rosa e la bandiera del Palermo. Questo mentre ventitré suoi coetanei, i bambini del reparto di oncologia pediatrica dell’ospedale Cervello, portati dall’associazione Samot e tenuti per mano dai genitori, entravano per sfilare in campo con i giocatori prima della partita. «Mio figlio non vedeva l’ora che arrivasse questo momento», racconta la mamma Serena Di Giovanni. L’amore ritrovato di Palermo per la squadra l’hanno testimoniato i numeri. Con l’ultimo bagno di folla si è sfiorata quota 390mila spettatori, un record da 12 anni, serie A compresa. Una festa finita tra i fischi, nella notte più amara dell’anno.