Repubblica: “Tanti sapevano. L’omertà di Campobello su Messina Denaro. Il gip: «Sconcertante non arrestarlo prima»”
L’edizione odierna de “La Repubblica” si sofferma su Matteo Messina Denaro e le parole del Gip.
Adesso, non è più un sospetto. È una certezza. A Campobello di Mazara in tanti sapevano della presenza di Matteo Messina Denaro. Sono gli stessi favoreggiatori del superlatitante a raccontarlo nei loro pizzini ritrovati dai carabinieri del Ros a casa del boss. Una in particolare, Laura Bonafede, che ieri è stata arrestata dai carabinieri del Ros. «Depry ha destato la curiosità di due, del tabaccaio, e di Vito Firreri». Questo scriveva la maestra amante del superlatitante il 25 dicembre del 2022. “Depry” era il nome in codice di Matteo Messina Denaro: «Il primo, addirittura, lo ha seguito e si è fermato all’angolo a guardare. Non passa inosservato Depry. Mi ritornano le parole di A3B quando disse se ti si vede al supermercato, non passi inosservato. Non ricordo le parole precise ma questo è il concetto».
Chissà chi è “A3B”. Messina Denaro girava tranquillamente per Campobello: «Ieri ero tentato di andare a comprare le sigarette ma mi sono attenuto al tuo dire e cioè di non oltrepassare la soglia. Mi sono pentito però, di non averlo fatto, sarebbe stato un modo per poter scambiare un saluto tipo quando eravamo dal fruttivendolo che non conosceva le biete. Tanto per una volta e basta non sarebbe successo nulla». Erano certi che «non sarebbe successo nulla». E non riesce a nascondere il suo «sconcerto» il giudice delle indagini preliminari Alfredo Montalto, che ha accolto la richiesta del procuratore Maurizio de Lucia e dell’aggiunto Paolo Guido: «Non può certo nascondersi — scrive nell’ordinanza che ha portato in carcere Laura Bonafede — che le investigazioni conseguite a tale arresto destano (sempre più) sconcerto perché mettono in luce l’incredibile ed inspiegabile insuccesso di anni e anni di ricerche in quella ristretta cerchia territoriale compresa tra Castelvetrano e Campobello, costantemente setacciata e controllata con i più sofisticati sistemi di intercettazione».
Insomma, com’è possibile, si chiede il giudice — uno dei più preparati e stimati — che il più ricercato latitante del mondo potesse condurre, in quegli stessi luoghi e per molti anni, una normale esistenza senza neppure nascondersi troppo, ma anzi palesando a tutti il suo viso riconoscibile (almeno per i tantissimi che lo avevano conosciuto personalmente)». Messina Denaro era protetto da qualcuno o peggio fidava di una diffusa omertà fra le strade di Campobello? Lo “sconcerto” del giudice Montalto non finisce qui. «Quel che soprattutto disorienta — scrive ancora nel suo provvedimento — è che in tutto questo lunghissimo arco temporale la tutela della latitanza di Messina Denaro è stata affidata non a soggetti sconosciuti ed inimmaginabili, bensì a un soggetto conosciutissimo dalle forze dell’ordine, cioè Leonardo Bonafede (solo recentemente deceduto)». Conclusione del gip: «Tutto ciò è al momento inspiegabile e non privo di conseguenze»