Repubblica: “Sud vicino alla rivolta sociale. Il Ministro «Bisogna agire subito è a rischio la tenuta democratica, il reddito di cittadinanza va esteso»”

L’emergenza Coronavirus sta avendo conseguenze drammatiche anche dal punto di vista economico, il Sud Italia è vicino alla rivolta sociale. L’allarme lo lancia il ministro per il Sud, Peppe Provenzano, questa la sua intervista ai microfoni di “La Repubblica”: «Ho paura che le preoccupazioni che stanno attraversando larghe fasce della popolazione per la salute, il reddito, il futuro con il perdurare della crisi si trasformino in rabbia e odio. Ci sono aree sociali e territoriali fragili ed esposte a qualsiasi avventura. Il bilancio pubblico si deve prendere cura dell’intero tessuto sociale. E lo deve fare adesso». Ci sono le immagini dei supermercati assaltati in Sicilia, delle persone che perdono la testa perché non possono ritirare 50 euro. «Con il Cura Italia abbiamo fatto molto, in pochi giorni la manovra di un anno. Ma ora dobbiamo mettere i soldi nelle tasche degli italiani a cui fin qui non siamo arrivati. Questa è la priorità del decreto di aprile. Così come va assicurata liquidità al sistema delle imprese per tenerlo in vita, bisogna tenere in vita la società. Liquidità anche per le famiglie, per chi ha perso il lavoro e non ha tutele».
Altrimenti cosa può succedere?
«In gioco c’è l’ossatura della democrazia. La polveriera sociale rimanda a una grande questione democratica. Viviamo giorni in cui per stato di necessità molte libertà sono compresse. Per ritrovarle dopo, dobbiamo affrontare le disuguaglianze anche nel momento dell’emergenza. Siamo entrati in questa crisi essendo già il Paese più diseguale d’Europa».
Pensa all’estensione del reddito di cittadinanza?
«Volevamo migliorarlo già prima del coronavirus, adesso diventa indispensabile. Rivedendo i vincoli patrimoniali, chi ha una casa familiare o dei risparmi in banca che non vuole intaccare oggi non può accedervi. Rafforzando il sostegno alle famiglie numerose. Rendendolo compatibile con il lavoro, per integrare il reddito se necessario. All’economia di sopravvivenza che non è solo al Sud, ma coinvolge anche autonomi, partite Iva proletarizzate, piccoli professionisti, occorre offrire una garanzia nella legalità».
Di che cifra stiamo parlando?
«Per chi ha perso il lavoro dev’essere una cifra equa rispetto alla cassa integrazione: 1000-1100 euro al mese. In tutti gli altri casi dev’essere un compenso che garantisca la dignità. Bisogna creare lavoro buono con gli investimenti. Ma in attesa che questo avvenga la società va accompagnata. Nell’emergenza, servono misure universali e immediate di sostegno al reddito».
Di quanti miliardi parliamo?
«Non do numeri, ne parleremo nel governo, coi ministri competenti. Ma le risorse vanno trovate».
Che sta succedendo nel Mezzogiorno?
«Ricevo migliaia di lettere di persone disperate. Alcune sono strazianti come quelle di chi vive la tragedia sanitaria. Vanno stigmatizzati gli assalti ai supermercati, ma bisogna anche dire che molti allo stremo si rivolgono proprio alle forze dell’ordine, ai sindaci, alle istituzioni insomma. Ora conta superare l’emergenza sanitaria, sconfiggere l’epidemia. Per questo bisogna stare a casa. Ma chi è a casa deve poter mangiare».
Gli eurobond ci salveranno?
«Sono decisivi, anche perché non possiamo indebitarci all’infinito. Per questo bisogna lavorare anche a una riforma fiscale. Chi ha di più deve dare di più».
Ecco le risorse: la patrimoniale.
«Ripeto, la parola d’ordine è: progressività. Quando sono nato io, nel 1982, l’aliquota più bassa era al 18 per cento e la più alta al 65.
Oggi quella forbice si è ridotta e ha messo in ginocchio il ceto medio. Le formule per realizzare un fisco davvero progressivo possono essere inedite, ma l’obiettivo dev’essere chiaro: salvare il ceto medio. Sennò la polveriera esplode».
Al Sud è più facile che la criminalità organizzata approfitti della crisi?
«È la denuncia che hanno già fatto Raffaele Cantone, Roberto Saviano e altri. Già nella crisi precedente le cosche fornirono la liquidità che mancava. Tocca alle istituzioni offrire l’alternativa. La tenuta democratica si esercita così. Vale al Sud ma, me lo lasci dire, il discorso ormai riguarda tutta Italia. Dico di più: la pandemia che ci chiude in casa indebolisce ulteriormente la mediazione della politica e delle istituzioni. Perciò c’è la necessità di sostenere il terzo settore come elemento di presidio sociale. Ho ricevuto appelli da diverse reti di associazioni. Sono impegnato a trovare le risorse perché possano continuare il loro lavoro».
Regolarizzare gli irregolari (colf, badanti, braccianti) è un’altra soluzione?
«Certo. Regolarizzare chi lavora nei campi, come ha detto la ministra Bellanova, aiuta a tenere in vita la filiera agroalimentare.
Dovremmo ricordarci di chi ci garantisce il cibo sulle nostre tavole, di chi si prende cura dei nostri anziani soli. Non solo oggi, anche domani».
Fare da soli, come ha minacciato Conte al Consiglio Ue, cosa significa? Che l’Europa è finita?
«Diciamoci la verità, per la solidarietà europea questa crisi è l’ultimo appello. La commissione, la Bce, l’Europarlamento ne hanno piena consapevolezza. Alcuni governi nazionali invece sono non solo cinici, ma miopi. Se sconfiggeremo il virus sulle macerie le conseguenze ricadranno su tutti. L’imbroglio dei sovranisti è stato svelato perché i governi che nascondono le mascherine o che rifiutano la solidarietà sono quelli dei loro amici. L’Europa deve agire adesso. Altrimenti, come avrebbe detto Keynes, vinceremo la guerra ma perderemo la pace».