Leo Stulac è sicuramente il giocatore copertina della partita contro lo Spezia, grazie ad un gol su punizione che ha permesso al Palermo di pareggiare la partita. Le colonne odierne de “La Repubblica” dedicano ampio spazio al giocatore rosanero.
È arrivato a Palermo l’anno scorso nel segno di dei grandi sloveni come l’amico Josip Ilicic, Jasmin Kurtic e per ruolo forse più Armin Bacinovic, il regista dell’annata indimenticabile di Delio Rossi. Ma il vero Leo Stulac si è presentato ai tifosi rosanero con la punizione magistrale calciata con la naturalezza di un tiro dal dischetto, che resterà impressa nella memoria del calcio italiano. Non perla pregevole fattura, ma come il gol più tardivo della storia, segnato al 104°.
«Corini mi ha detto di calciare per segnare», ha confidato a caldo dopo la partita. E in effetti il gol del palleggiatore originario di Capodistria ricorda per stile e precisione le traiettorie che uscivano dal piede destro del “Genio” nei tempi d’oro della serie A del Palermo. È stato un urlo di rabbia a festeggiare la seconda rete conla maglia del Palermo di Leo Stulac, subentrato nel secondo tempo per mettere ordine agli attacchi del Palermo. La rabbia di un giocatore arrivato in rosanero come leader l’anno scorso, poi sacrificato dalla rivoluzione tattica di Corini e finito per sei mesi in naftalina, proprio quando si stava inserendo, per un brutto infortunio alla coscia. Quest’anno aveva già segnato contro la FeralpiSalò e nella staffetta con Claudio Gomes si stava lentamente riaffermando ai livelli di Venezia, Empoli e Parma, con cui aveva giocato in A e B.
«Sono felice per lui, perché ha trovato una traiettoria pazzesca ed è un grande calciatore», ha detto proprio Gomes su Stulac, dopo uno spezzone di partita in cui lo sloveno e il francese hanno convissuto senza problemi. Leo Stulac, 29 anni, sguardo di ghiaccio, arrivato in Italia sponda Venezia nel 2016, quando aveva 22 anni, se lo osservi in allenamento può sembrare timido e taciturno. Eppure, come ha rivelato nel ritiro di Manchester dell’anno scorso, è uno che ha la parola “passion” tatuata sulla coscia. Ha anche un modello in testa, a cui ha sempre detto di ispirarsi: Andrea Pirlo. Ma soprattutto un allenatore come Corini, che conosce bene onori e oneri di un ragionatore di centrocampo. E che una volta a microfoni spenti, molti mesi fa, confidava ai cronisti di quanto credesse in Stulac e nella sua capacità di prendere la squadra in mano con responsabilità, davanti a 25-30mila persone in uno stadio come il “Barbera”.