Repubblica: “Storia di La Gumina. L’ex pulcino che prenota un posto da bomber”

“La data dell’esordio in A con la maglia del Palermo, 4 aprile 2015 contro il Milan al “Barbera”, l’ha tatuata addosso. Nino La Gumina, attaccante classe ’96, non ha avuto paura sabato sera di tornare sul dischetto del calcio di rigore dopo l’errore dagli undici metri della domenica precedente. Il coraggio non gli manca di certo e dopo l’errore ininfluente contro la Virtus Francavilla, sabato sera dopo avere portato il Palermo in parità nei tempi regolamentari, ha trasformato il suo rigore prima che il cagliaritano Cossu decretasse l’eliminazione dei rosanero. Di tatuaggi addosso, oltre la data della prima in A, ne ha tre: uno con le iniziali dei suoi familiari e un altro con un’aquila ad ali aperte sul collo. Proprio l’aquila dello stemma del Palermo è quella che ha riempito di baci mentre festeggiava il gol del pari appena segnato al Cagliari. «Sognavo questo gol da tanto tempo – ha detto l’attaccante nel post partita – segnare con questa maglia è sempre una grande emozione. Spero di farne tanti altri». Di reti con la maglia del Palermo ne ha già fatte parecchie, del resto la casacca rosanero la indossa da quando aveva dieci anni. La sua prima magliettina rosa è stata quella dei pulcini nel 2006. Ma i calci a un pallone La Gumina li ha iniziati a dare molto prima. Quando aveva due anni con papà Filippo e mamma Silvana dalla città va a vivere a Carini. Sono gli amici a farlo avvicinare al calcio. I suoi genitori non sono per niente appassionati, ma lo lasciano libero di inseguire le sue passioni. A quattro anni gioca già con i ragazzini di dieci, al punto che sono proprio gli amici a chiedere ai genitori di portare il figlio alla scuola calcio di Capaci. Il pallone diventa un amico insuperabile per La Gumina: in casa lo usa per accendere e spegnere gli interruttori, ogni superficie appena pianeggiante per strada diventa campo ufficiale per partite interminabili. E peccato se ogni tanto qualche vicino si lamenta per un lampioncino rotto. Lui è un bambino vivace, monello quanto basta. Sempre sport, ma anche scuola. Le medie le frequenta a Capaci alla “Biagio Siciliano”, poi le superiori, a Palermo, con il diploma di ragioniere conseguito nel 2016 con un onesto sessanta proprio nell’anno della consacrazione: 24 gol in 24 partite nel campionato Primavera, il titolo di capocannoniere al Viareggio e il premio “Golden boy” per il miglior giocatore dell’importante torneo toscano. E pensare che il passaggio dalla Libertas Capaci al Palermo fu quasi casuale. La Gumina di andare a giocare a Capaci non ne voleva più sapere. Non si divertiva più. Un vero mistero per un ragazzo che non lasciava mai il pallone, nemmeno a casa. L’allenatore chiamava a casa e lui diceva che gli facevano male i talloni. Non c’era modo per farlo ritornare al campo. Era successo che alla prima giornata di campionato nel 2005 i compagni non gli passavano la palla, lui indietreggiò fino alla difesa, prese il pallone e iniziò a saltare gli avversari fino a fare gol. A fargli scattare la voglia di non giocare più fu il rimprovero del suo allenatore per quella giocata. «Non ci voglio andare più» disse alla madre. Lei pensò di assecondarlo, ma quando capì che non c’era verso di fargli cambiare idea iniziò a guardarsi in giro e venne a sapere che il Palermo stava organizzando dei provini per i Pulcini. Un esercito di bambini tutti all’inseguimento della palla. Lui, con i suoi capelli biondi spiccava, ma erano davvero tanti gli aspiranti giocatori. Dopo il provino e il classico “Vi faremo sapere” padre, madre e figlio stavano per andare via quando si sono accorti che non avevano lasciato nemmeno il numero di telefono. Insomma non c’era modo di rintracciarli, ma Nino aveva colpito gli osservatori e non solo per i capelli biondi. L’urlo «Chi sono i genitori del bambino di Capaci?» fu così forte che tornarono indietro e Nino diede finalmente inizio alla sua storia rosanero. Il padre, precario dell’allora Gesip, e la madre fanno in modo che il figlio non salti un allenamento. Praticamente da subito entra nella dimensione del professionismo: io suoi allenatori raccontano che ha rinunciato da solo a patatine e bibite gassate già a dieci anni. Tutto fila liscio fino a quando i suoi compagni di squadra iniziano a diventare tutti più alti di lui. All’inizio non si dà tanto peso alla cosa, poi la differenza diventa evidente: Nino non cresce come gli altri bambini. Un problema che dura fino a 16 anni quando cresce di 21 centimetri praticamente tutti in una volta. Non mancano i dolori e i problemi alle ginocchia, ma l’amore per il pallone riesce a fargli superare tutto. Il suo attuale allenatore Tedino, che lo paragona a Ciro Immobile, lo conquistò segnandogli contro in Coppa Italia con la maglia della Ternana nella scorsa stagione. La Gumina dice di ispirarsi più a Morata. Nel giorno dell’esordio in A disse che visti in tv i calciatori gli sembravano più grossi, ma che poi dal campo tutto torna normale. Segno che il golden boy è diventato grande.” Questo ciò che si legge sull’edizione odierna de “La Repubblica”.