Repubblica: “Storia di “Buba”, dal barcone ai dieci gol con il Licata”
L’edizione odierna de “La Repubblica” si sofferma sulla storia di Bubacar Samake, stella del Licata.
Con 10 gol è il capocannoniere del girone I di serie D, ha messo le ali al suo Licata e la Sicilia gli è entrata nel cuore. Il maliano Boubacar Samake, classe 1999, per tutti Buba, non ha intenzione di fermarsi: «Sono felice ma consapevole del fatto che ancora devo lavorare tanto per meritarmi un futuro nel calcio. A Licata mi trovo benissimo e ho un bel rapporto con i miei compagni e col mister».
Centravanti puro, fisico da corazziere, i compagni e i tifosi lo paragonano a Lukaku e Drogba, lui ammira Immobile e Ibrahimovic e da bambino guardava i video di Ronaldinho a Bamako, dove viveva fino a 5 anni fa. Lì ha conosciuto la povertà e vissuto momenti difficili come la scomparsa della madre: « Il mio sogno è sempre stato quello di diventare calciatore – racconta Buba – in Mali, nel mio villaggio, giocavo per strada con gli altri bambini. Vivevo con i miei zii e sono stati proprio loro a portarmi in Libia dicendomi che lì avrei potuto intraprendere il viaggio per l’Europa. In Libia sono stato qualche mese, poi siamo partiti con il barcone. Un viaggio durato 4 giorni in cui ho avuto tanta paura. In alcuni momenti ho pensato anche di non farcela. Eravamo in una barca piccola e abbiamo dovuto combattere il mare in tempesta, fino a quando siamo stati soccorsi da una grande nave che ci ha portato in Sicilia».
E proprio la Sicilia ha rappresentato per Buba una nuova pagina di un libro ancora tutto da scrivere: «Ho chiesto in che città mi trovassi, mi hanno detto semplicemente “ in Sicilia”. C’era un sole bellissimo, era il settembre del 2017. Poi sono stato portato ad Avellino. E proprio lì ho detto agli operatori di un centro che avrei voluto giocare a calcio ». Un campionato di Promozione in Campania con 20 gol messi a segno, giocando e lavorando: « In Promozione non si gioca per i soldi, quindi mattina e pomeriggio lavoravo – ricorda – e la sera mi allenavo. Ho fatto di tutto, ha lavoratonelle campagne e ho zappato. Ma conoscevo le mie potenzialità e sapevo che potevo crescere».