L’edizione odierna de “La Repubblica” si sofferma sul taglio degli stipendi avviato dalla Juventus. L’accordo per la riduzione degli ingaggi raggiunto tra la società e i propri tesserati, calciatori e allenatore, è il primo importante segnale per affrontare di petto e con decisione la crisi del calcio mondiale. Mentre le altre realtà del movimento italiano stanno cercando una strada percorribile per arginare la crisi dovuta al blocco dell’attività, la Juventus ha ufficializzato l’operazione che, a fronte della riduzione degli ingaggi del trentatré per cento attraverso la rinuncia agli stipendi di marzo, aprile, maggio e giugno 2020, produrrà un beneficio economico e un risparmio di circa novanta milioni di euro.
Ossigeno puro per le casse della società, una riduzione pari a circa un terzo del monte ingaggi, attualmente di oltre 350 milioni di euro, cifra considerevole anche in relazione al fatturato bianconero di 526 milioni. Una strada imboccata con decisione e rapidità dopo il tavolo di lavoro tutto virtuale che ha coinvolto prima i tre senatori dello spogliatoio, Chiellini, Bonucci e Buffon, quindi il direttore sportivo Paratici e il presidente Agnelli. Ma se la Juventus si è mossa in largo anticipo e il mondo del calcio italiano discute la possibilità di ridurre gli ingaggi, ci sono i calciatori di Sampdoria, Genoa, Torino e Napoli che non hanno ancora ricevuto gli stipendi di febbraio, quando il campionato era ancora in pieno svolgimento. Si sono rivolti all’Aic, il loro sindacato, lamentando di avere giocato regolarmente. La condotta delle società ha due possibili spiegazioni: la prima, voler conservare liquidità in un momento d’incertezza. La seconda, più politica, è arrivare al tavolo dei negoziati con una maggiore forza contrattuale. Domani Federcalcio, Lega di Serie A e Associazione calciatori si troveranno infatti per discutere il congelamento degli stipendi da marzo in poi. Mentre la Juve ha già trovato la quadra, gli altri aspettano l’incontro di domani. Due le bozze della Lega di Serie A, se non si tornerà a giocare. La prima prevede riduzioni progressive: sotto i 100mila euro lordi, stipendio pieno. Sopra il milione e mezzo, taglio del trenta per cento. La seconda opzione, valutata anche dalla Ligue 1 francese, è il taglio per tutti del cinquanta per cento. L’Aic è orientata ad accettare una riduzione massima di una mensilità e mezza. In caso di stallo, i club potrebbero chiedere al governo un provvedimento che certifichi lo stato di crisi del calcio.