L’edizione odierna de “La Repubblica” si sofferma sull’esclusione del Catania dal campionato e la revoca dell’affiliazione da parte della Figc.
Da Armando Perrone ad Antonio Piccolo, il primo e l’ultimo marcatore della storia del Catania 1946: da Termini – Catania del novembre 1946 a Potenza-Catania di qualche giorno fa. Dopo 75 anni si chiude ai piedi dell’Etna un’era calcistica, con la speranza che possa presto iniziarne una nuova dai dilettanti, come già accaduto nel 1993 (dall’Eccellenza alla serie A). Il tribunale fallimentare ha decretato lo stop: la prevenzione di ulteriori costi d’esercizio (senza più la previsione di copertura finanziaria della vendita a Mancini), e la tutela degli interessi dei creditori del fallimento, ha prevalso sulla prosecuzione e la prospettiva di monetizzare, a fine stagione, i cartellini dei calciatori di proprietà.
Secondo i giudici di piazza Verga il Catania non può più giocare e la Lega Pro ne sancirà l’esclusione a tre giornate dalla fine, riscrivendo la classifica del campionato. La squadra convocata per le 17 di ieri per la seduta di rifinitura, ha appreso alle 14.15 la notizia che Catania-Latina non si sarebbe disputata, così come non si giocheranno le tre gare restanti (tra cui i derby con Palermo e Messina), della stagione regolare.
Adesso i calciatori della prima squadra e del settore giovanile saranno tutti svincolati e nelle casse della procedura fallimentare non entrerà un euro dai loro cartellini. I tifosi rossazzurri insorgono, imprecano e piangono; non accettano il verdetto del tribunale. In tanti, invece, si sono recati a Torre del Grifo per intonare ancora una volta i cori della loro incrollabile fede calcistica e oggi dovrebbero tributare un ulte[1]riore tributo alla squadra.
Quelle di ieri sono state ore febbrili e concitate: le prime alimentavano la speranza di un salvataggio in extremis, alcuni sponsor avevano infatti messo a disposizione 50 mila euro. Importo che avrebbe consentito l’organizzazione di Catania-Latina senza gravare di ulteriori costi la procedura fallimentare. Inoltre, per favorire la prosecuzione dell’esercizio provvisorio e concludere la stagione, i dipendenti dell’area amministrativa e sportiva del Calcio Catania si erano resi disponibili a rinunziare alle spettanze maturande dal 9 aprile e fino alla chiusura dell’esercizio provvisorio. Iniziativa tuttavia non condivisa da calciatori e staff tecnico che non hanno inteso aderire a tale rinunzia. In un caldo pomeriggio primaverile, sono state cancellate le gesta dei tanti protagoniti che campeggiano nei murales del perimetro esterno dello stadio “Massimino”.
Il piccolo Barcellona (così era stato ribattezzato il Catania di Montella prima e di Maran poi, arrampicatosi fino all’ottavo posto in serie A), non esiste più. I disastri della gestione Pulvirenti-Cosentino (un agente di calciatori chiamato ad amministrare una società di calcio), dell’inchiesta “Treni del Gol” sulla compravendita delle partite e della doppia retrocessione dalla A alla C, si sono rivelati un fardello debitorio insanabile, nonostante il passaggio di proprietà a Sigi nel 2020 e il tentativo a vuoto nel 2021 di acquisizione da parte di Joe Tacopina. La dichiarazione di fallimento del dicembre 2021 ha anticipato la fine, consumatasi nell’interregno grottesco targato Benedetto Mancini che ha portato all’ultimo atto, senza che alcun imprenditore catanese muovesse un dito per acquistare il Catania evitando alla società l’onta di questa vergogna. Adesso non ci sarà più neanche l’alibi degli ingenti debiti: cercasi proprietà seria e solida, dirigenti capaci, per dare nuovamente lustro al Calcio Catania.