L’edizione odierna de “La Repubblica” si sofferma sugli effetti del Coronavirus. Il prezzo della psicosi è di 25mila posti di lavoro. Persi negli alberghi e nelle campagne, nelle mense e nei trasporti: nella Sicilia già al suo anno zero della disoccupazione, con un 20 per cento di senzalavoro, la gelata sull’economia dovuta alle precauzioni per il coronavirus provocherà un altro tracollo, con esuberi e mancate assunzioni di stagionali che secondo gli esperti potrebbero arrivare costare anche un punto percentuale di disoccupazione. Così la Regione ha varato un piano di contromisure per le quali punta a investire 41 milioni: soldi che però, al momento, sono solo teorici. Il settore più in ginocchio è l’agricoltura. Qui la Cgil stima 15mila posti a rischio: perché, se è vero che nei primi giorni della psicosi i siciliani hanno affollato i supermercati e i negozi di ortofrutta facendo scorte, è altrettanto vero che adesso i consumi sono precipitati. Anche per uno strano effetto farfalla: la chiusura delle scuole al Nord che provoca lo stop nelle campagne in Sicilia. «Il grosso delle nostre forniture — dice Antonio Lo Giudice di Coldiretti, titolare di una serra a Gela — va nelle mense delle scuole al Centro- Nord. Il resto andava nei mercatini rionali, che ora per gran parte sono sospesi» . Tanto più che la concorrenza è in piena forma: tir carichi di pomodori e peperoni provenienti dall’Olanda e dalla Spagna, Paesi sui quali non grava il pregiudizio che oggi pesa sull’export italiano, stanno conquistando fette di mercato. «Nelle ultime due settimane — avvisa il segretario generale Cgil Alfio Mannino — le esportazioni sono crollate. La nostra produzione agricola è molto basata sul fresco e poco sul trasformato. Tanto più che il momento è delicato: eravamo alla parte finale della campagna agrumicola, rischiamo di perdere il 20 per cento dei posti di lavoro». «Già adesso — allarga le braccia Lo Giudice — qualcosa è marcito. I pomodori restano sulle piante». Il turismo non ride. Perché la punta più evidente della psicosi — e del crollo dell’immagine italiana all’estero — è la brusca frenata di alberghi e ristorazione, che negli ultimi anni stavano vivendo un momento d’oro. Federalberghi stima nella sola città di Palermo la cancellazione di duemila posti di lavoro, fra esuberi e mancata chiamata degli stagionali: «L’intero sistema del turismo — osserva Ivano Ferazzoli, direttore dell’Ibis Cristal Palace — è in paralisi e non possiamo sostenere questa impresa da soli. Il tempo che rimane è pochissimo. Serve un’azione di sostegno dalla politica». «Lo stop dei gruppi scolastici è stato per noi drammatico — sostiene Francesca Saitta, proprietaria dell’hotel Athenaeum — è stato cancellato il 100 per cento di un settore che corrisponde all’80 per cento del nostro fatturato. I danni economici sono irreparabili». Scricchiola il settore aeroportuale: ieri Aviation services, l’azienda che gestisce i servizi a terra in una serie di aeroporti italiani fra i quali Fontanarossa, ha avviato la procedura per chiedere la cassa integrazione di 462 dipendenti in tutta Italia, 25 dei quali a Catania. «Le cause che determinano lo stato di crisi aziendale — si legge nella nota inviata dal direttore generale Giulio Comerci al ministero del Lavoro — risiedono, in realtà, non solo al di fuori del perimetro aziendale, ma altresì al di fuori di qualsiasi ipotesi di previsione, in quanto connesse e derivanti dalla criticità generata dalla emergenza sanitaria del cosiddetto coronavirus, con i riflessi ormai più che noti ai mass media nazionali e internazionali». Centinaia di altri esuberi si prevedono inoltre dal settore degli autotrasporti: al momento, secondo le stime dei sindacati, un tir su tre non sta viaggiando.