L’edizione odierna de “La Repubblica” si sofferma sull’emergenza Coronavirus in Sicilia. Nelle città svuotate dal virus e riempite dal vuoto dell’isolamento forzato, l’untore della porta accanto è il nemico invisibile che, come in un film horror. Spunta una ragazza di Villafrati, indicata dal tam tam dei social come colpevole spanditrice del virus al rientro di un viaggio al Nord che in realtà non solo non si è mossa dal paese, ma è anche sana come un pesce. Spunta una misteriosa congerie di poteri forti che proteggerebbe i quantomeno imprudenti professionisti di Messina che si sono concessi una settimana bianca proibita, quando addirittura si è mossa la magistratura per stabilire le reali responsabilità. Spunta addirittura un fantomatico club di scambisti nella zona di Villafrati che attirerebbe appassionati del genere da tutta Italia dal quale sarebbe partita l’infezione. La necessità di dar corpo visibile al nemico invisibile è più forte della logica, della buona creanza, persino della religione invocata come unico rimedio. Si prega Dio come in un flash mob, e lo si recluta come complice per la giustizia sommaria: in un audio whatsapp un’indemoniata di Riesi augura la morte per mano di Dio al povero medico che si è scoperto contagiato.