“L’unico rosanero a ricevere applausi è stato Eugenio Corini. Sì, perché l’allenatore del Novara, che passando 2 a 0 al “Barbera” ha rotto l’imbattibilità del Palermo, è rimasto rosanero nell’anima. Nel cuore. Corini non lo dirà mai, non parlerà mai di vendetta, ma vincere 2 a 0 in casa della squadra che lo scorso anno aveva cercato di salvare e che Zamparini lo aveva costretto a lasciare, deve avere un sapore particolare. «Non sono felice perché ho vinto a Palermo – dice Corini – ma perché ho vinto e basta. Palermo è casa mia. Ogni volta che torno è come se mia moglie mi aprisse la porta di casa o se andassi a casa di mia madre. Il Palermo resta nella mia vita ed ha tutti i mezzi per andare in serie A».
Per gli altri protagonisti di un sabato da dimenticare solo fischi. Per i giocatori, per l’allenatore per Zamparini che alla vigilia della gara aveva ribadito che il Palermo andrà in serie A con dieci punti di vantaggio sulla seconda. Adesso la classifica dice altro perché, in una sola volta, i rosa hanno perso l’imbattibilità e sono scivolati in classifica dal secondo all’ottavo posto.
Eppure sembrava che per il Palermo le cose potessero andare in maniera diversa. E invece, passata quella che con un eufemismo si potrebbe definire la sfuriata, il Palermo è tornato negli argini. Complice il Novara, ben messo in campo e a poco a poco meno timoroso, la squadra rosanero ha evidenziato tutte le difficoltà che, insieme alle cose buone, ha fatto vedere in questo avvio di stagione. Una squadra che il più delle volte deve affidarsi alle iniziative dei singoli piuttosto che alla creazione collettiva del gioco. Singoli che hanno steccato. Tre le soluzioni nelle corde dei rosa e tutte e tre rimaste in forma embrionale. Il lancio lungo dalla difesa non ha funzionato per le imprecisioni di Struna. La partenza dalla metà campo è stata presto abortita per l’apatia di Jajalo. La fantasia di Coronado sulla trequarti è stata tale solo raramente. Il risultato è stato che né Gnahorè né Chochev hanno fatto movimento in mezzo e Nestorovski in avanti è rimasto totalmente isolato. Qualcosa ha fatto vedere sulla fascia destra Rispoli, ma i suoi cross sono stati facile preda dei difensori avversari.
A conti fatti, quindi, il primo tempo è filato via in maniera noiosa, senza un sussulto e senza un gioco degno di questo nome e soprattutto senza una padronanza del campo con la quale in altre occasioni il Palermo aveva sopperito alle proprie deficienze.
Il pubblico, quei pochi spettatori che erano sugli spalti e anche quel gruppo di ultrà che pur di non pagare il biglietto a Zamparini è salito sino sul Monte Pellegrino con tanto di fumogeni rosa che hanno avvolto la montagna, non ha gradito così come non ha gradito Tedino. Sarebbe bastata una telecamera sull’allenatore rosanero per capire che la squadra in campo non stava facendo nulla di quello che era stato provato in settimana. Tedino si dimenava, urlava, alla fine ha addirittura oltrepassato la linea ed è entrato di qualche metro in campo per rimproverare i suoi. Insomma, nel primo tempo si è mosso più l’allenatore rosanero in panchina che i giocatori in campo.
E le cose non vanno meglio nella ripresa. Anzi, vanno decisamente peggio perché il Palermo non solo non riesce a fare gioco e a rendersi pericoloso (ci prova solo Struna di testa) ma naufraga anche nel reparto che era stato il suo punto di forza: la difesa. In quattordici minuti il Novara segna due gol che mettono a nudo tutti i deficit giornalieri della squadra. Una doppietta firmata Moscati che prima approfitta di una splendida azione di Da Cruz che si prende gioco di Cionek, poi batte ancora Pomini con un diagonale con tutta la difesa rosa scoperta.
E dire che Tedino le prova tutte. Cambia gli spenti Gnahorè, Trajkovski e Coronado con Embalo, La Gumina e l’esordiente in rosa Monachello, ma non cambia nulla. Quattro punte in campo non bastano. Anzi, è il Novara a sfiorare il terzo gol mentre Nestorovski sbaglia ancora.
Il Palermo fa solo confusione in area, ma non punge quasi mai. Arriva anche il nervosismo tra i rosa e sugli spalti dove la gente si prepara al concerto finale fatto di fischi con Corini unico ad uscire tra gli applausi così come era entrato a inizio della partita. «Molti dei miei oggi erano in difficoltà – dice Tedino – Sembravano i fratelli minori di quelli che vedo normalmente. Ma andremo in A e lo ribadisco oggi dopo questa sconfitta»”. Questo ciò che si legge sull’edizione odierna de “La Repubblica”.