Repubblica: “Rampulla, dalla Sicilia alla Cina «Il virus? Facciamo come Pechino»”
Michelangelo Rampulla, ex portiere della Juventus, ha voluto dire la sua sull’emergenza Coronavirus e ha raccontato i suoi ricordi ai microfoni di “La Repubblica”. Quando da bambino tra le vie di Patti tirava calci al pallone davanti alla bottega di suo papà Francesco, per tutti “ Cicco”, da sempre juventino sfegatato, non avrebbe mai pensato che un giorno, proprio con addosso quella maglia bianconera che ha bramato a lungo, avrebbe vinto tutto al fianco dei più grandi campioni di sempre. Michelangelo Rampulla, classe 1962, oggi vive a Paestum, lo scorso novembre ha concluso la sua esperienza con la nazionale cinese assieme a Marcello Lippi, e con orgoglio rivendica le sue radici e la sua sicilianità: « Mio papà era un fanatico della Juve – racconta – aveva una piccola bottega di alimentari a Scala di Patti e mi portò a 5 anni a vedere una partita tra Palermo e Juventus che non dimenticherò mai. Amava i portieri papà, io no, il mio idolo era Pietro Anastasi e volevo fare l’attaccante, ma lui sognava per me un futuro da numero 1 e mi convinse ad indossare i guantoni. Ogni pomeriggio mi accompagnava lui agli allenamenti sulla sua Fiat 600 con il cofano dipinto a strisce bianconere». Gli esordi con la Pattese, in Promozione, con la rappresentativa degli allievi regionali fece faville, ipnotizzò Montesano e Montenegro in un’amichevole contro il Palermo e proprio in quell’occasione attirò le attenzioni di un giovanissimo Beppe Marotta, varesino di origini messinesi, allora direttore sportivo del Varese che lo soffiò proprio ai rosanero: « Sono stato il primo acquisto di Marotta – ricorda Rampulla – che assieme all’avvocato Colantuoni mi portò al Varese. Avevo 18 anni, ero il terzo portiere, ma mister Fascetti, a cui sono legatissimo, decise di farmi esordire contro il Milan in serie A».
Dopo 3 anni a Varese Rampulla andò al Cesena, in serie B, e riuscì ad imporsi nonostante la concorrenza di Rossi e Fontana. Poi la Cremonese, un’escalation pazzesca e quel gol che lo ha fatto entrare nella storia del calcio italiano: « A Cremona ho passato 7 anni bellissimi. E la mia vita cambiò nel 1992: giocavamo a Bergamo contro l’Atalanta, perdevamo 1-0, era l’88esimo e c’era un calcio di punizione per noi. Non so cosa mi passò per la testa, ma sono partito come un treno verso l’area di rigore avversaria e con un colpo di testa, d’istinto, sono riuscito a spedire in rete il cross di Chiorri. Sono stato il primo portiere a segnare un gol in serie A. Mi sono ricordato per un attimo delle mie doti da bomber». Lo volevano tutti, Lazio, Inter, Napoli. Ma il sangue bianconero gli scorreva nelle vene, così non ha potuto dire di no alla chiamata della Juventus: « Andato via Tacconi, avevano bisogno di un portiere affidabile per affiancare un giovanissimo Peruzzi. Così scelsero me. Per 10 bellissimi anni ho affiancato Peruzzi, Van der Sar e Buffon, vincendo tutto sia in Italia che in campo internazionale. Sollevare la Champions League e la Coppa Uefa è stata un’emozione pazzesca, così come giocare con campioni del calibro di Del Piero, Baggio e Zidane » . Dopo 100 presenze con la Juventus, 115 partite in serie A e 25 in Europa, Rampulla decise di appendere i guantoni al chiodo iniziando la carriera di preparatore dei portieri proprio alla Juve: «Ho lavorato in prima squadra con Ranieri, Ferrara e Deschamps, e poi con la Primavera ho avuto la fortuna di collaborare con Gasperini con cui abbiamo vinto tutto. Un tecnico avanti anni luce, un po’ come Fascetti allora. I maestri non mi sono mancati, da Trapattoni a Lippi » . Alla Juventus ha scoperto a 12 anni Audero quando ancora era un bambino e lanciò un giovane Mirante, fino alla chiamata di Marcello Lippi: « Sono entrato nel suo staff come preparatore dei portieri, al Guangzhou abbiamo vinto tutto in 3 anni e poi con il mister abbiamo vissuto assieme anche la bellissima esperienza con la nazionale cinese, fino allo scorso novembre. In tutto sono stati 6 anni che ricorderò per sempre, in Cina sono stato benissimo e non escludo di tornarci un giorno, e ci sono portieri cinesi che in Europa potrebbero dire la loro». E sul coronavirus che si sta diffondendo tragicamente in tutto il mondo: « In Cina ne stando uscendo rispettando le regole, dobbiamo farlo anche noi. Per il bene del nostro Paese » . Michelangelo spera di tornare presto in Sicilia, gli manca il profumo delle campagne, l’odore del mare, il calore della gente: «È casa mia – conclude – mio fratello Mario vive a Patti, lì ho tanti amici e non vedo l’ora di tornare. La nostra terra è unica in tutto il mondo»