Repubblica: “Quei novanta senza terra né nave «Siamo siciliani, fateci imbarcare»”

L’edizione odierna de “La Repubblica” si sofferma sulla novantina di persone obbligate a rimanere sotto la pioggia a guardare le poche navi che solcano semivuote lo Stretto, senza poterci salire. «Ma non siamo turisti, stiamo chiedendo solo di tornare a casa, dove paghiamo anche le tasse, dove votiamo noi e le nostre famiglie. Questo Musumeci se lo ricorda?», ripetono. A masticarla a denti stretti, tutti lavoratori. Una squadra di operai del Palermitano arriva dalla Bretagna. Il cantiere navale in cui lavoravano ha chiuso per tre settimane «ma ci hanno detto che la cosa durerà di più» e loro si sono trovati senza neanche un tetto sulla testa. Anche gli alloggi delle maestranze sono stati sprangati. «Cosa avremmo dovuto fare? Cercare casa in affitto?». Si sono messi in viaggio per tornare a casa, con certificazioni rilasciate dall’azienda, registrazione online al portale della Regione siciliana e documenti che hanno retto «a cinque posti di blocco da Ventimiglia a Villa San Giovanni». «Avessi una stanza in affitto, non sarei tornato — dice il più giovane — ma senza lavoro lì non saprei come vivere». Una storia che si ripete in fotocopia per buona parte dei condannati all’attesa sul piazzale di Villa San Giovanni. Caritas, associazioni, Comune, Protezione civile regionale hanno provato a fornire pasti e coperte per smorzare le tensioni e rendere meno dure le ore di stallo. Ma la primavera al Sud non è ancora arrivata e più volte a scaldarsi sono stati solo gli animi, impiccati alla girandola di soluzioni che nel corso della giornata sono state ventilate, dalla quarantena in Calabria al passaggio a scaglioni in tempi da definirsi. Una giornata di contrattazioni fra i governatori delle due regioni, Musumeci e Jole Santelli, con il ministero dell’Interno prima a mediare e poi a fare la voce grossa, alla fine ha regalato una speranza. Che ha la forma del traghetto delle 22.