Repubblica: “Pergolizzi 10 anni dopo «Non pensavo a un ritorno, sfrutterò l’occasione»”

L’edizione odierna de “La Repubblica” si sofferma sulle dichiarazioni di Rosario Pergolizzi, nuovo allenatore del Palermo. «Ve lo spiego esattamente per come me lo hanno detto Dario Mirri e Tony Di Piazza. Uno me lo ha detto in americano, l’altro in siciliano: dobbiamo vincere. È normale che ci siano grandi aspettative, sono orgoglioso del fatto che la scelta sia ricaduta su di me. Tornare nella mia città, dove sono cresciuto, dove ho giocato e dove ho allenato è una sensazione bellissima. Penso che ogni palermitano che fa parte del mondo del calcio abbia il sogno di lavorare nella squadra della sua città. So che non è facile lavorare in una piazza come questa, ma sento che il fatto di essere palermitano potrà solamente aiutarmi nelle scelte che prenderò. Bisogna conoscere le squadre e i giocatori che devi affrontare e noi sappiamo già con chi avremo a che fare. Nella mia squadra non deve mancare spirito di sacrificio, corsa e carattere. La qualità serve, ma oltre quella occorre anche intensità e voglia, altrimenti la qualità da sola non basta. Siamo il Palermo, ma non conta più nulla avere fatto la serie A o la B. Dobbiamo rispettare l’avversario sapendo che non possiamo arrivare secondi. Ho detto sì a Mirri e Di Piazza per l’onore che provo di fare parte della famiglia rosanero. Quando trovi persone molto professionali come Sagramola, come il direttore Castagnini, come Argento, come Rinaudo la scelta è facile da prendere. Siamo professionisti con lo stesso Dna e pensiamo tutti allo stesso modo: per arrivare lontano dobbiamo pensare in ugual modo, poi possiamo discutere o litigare, ma l’obiettivo deve essere sempre quello: vincere». Santana e Caracciolo? «Possono dare una mano ma il problema per questi giocatori è solo mentale: chi si propone deve sapere che non è che si va a Palermo perché ci sono soldi o si guadagna. Chi arriva qui deve sapere che soldi non ce ne sono, ma solo voglia di sacrificarsi e di fare. Poi, a risultato acquisito si può parlare di soldi. Chi viene a giocare a Palermo deve sapere che guardiamo prima di tutto al modo di lavorare e come ci si comporta fuori dal campo. Non è che se facciamo la serie D non si deve pensare da professionisti, significa andare a letto alle 22 perché poi l’indomani c’è allenamento. Ci sono regole e vanno rispettate, sia che hai 37 o 15 anni. Dopo dieci anni cresci, ti rimangono le cicatrici per alcune ferite, cerchi di andare avanti, speri sempre di avere tratto il massimo da quello che ti è successo sia in positivo che in negativo. Forse oggi sono un po’ più ragionevole, forse meno istintivo. Anche se sarà dura, perché quando alleni la squadra della tua città provi sempre qualcosa in più. Forse ho cambiato anche qualcosa nel gioco, nel calcio devi sapere essere intelligente e crescere. Credo di essere migliorato, non si smette mai di imparare. Chi non fa non sbaglia, cercherò di fare il massimo e sbagliare il meno possibile. Questa è la seconda occasione che mi capita a Palermo in trent’anni anni, non mi aspettavo più di tornare a Palermo, ma speravo che potesse accadere. Non so quanto durerà questo rapporto, non ho chiesto anni di contratto ma solo la possibilità di conquistarmi sul campo di anno in anno l’opportunità di essere confermato».

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Redazione Ilovepalermocalcio