L’edizione odierna de “La Repubblica” si sofferma sul Palermo e il Venezia e i trascorsi con Zamparini.
Da Sensi a Zamparini, dal “sacco di Pergine” agli arabi, da Glerean a Corini con la partecipazione straordinaria di un Venezia che, contro il Palermo, negli ultimi vent’anni, ha sempre scritto capitoli importanti della storia tra le due società. Ma andiamo per ordine: l’allenatore che conquista la B in due sole mosse (Sella); quello che dura poche ore (Pruzzo); l’arrivo di un presidente (Sensi della Roma) come un imperatore, il distacco col carattere della fuga dopo la cessione lampo a “Zampa”, il mangia allenatori, che si ritrova improvvisamente proprietario di due club.
Antefatto. Sensi si presentò nel marzo del 2000 con la sciarpa rosanero tra il tripudio dei palermitani. La squadra accumula un vantaggio stratosferico sul Messina, per farsi poi raggiungere a due settimane dalla fine. Sensi caccia Sonzogni e al suo posto porta il fidato Ezio Sella, secondo di Capello. Un atto d’amore, un gesto disperato: due partite, altrettante vittorie, la promozione in B. Quanti altri allenatori possono vantare un’impresa del genere? Sella sarebbe tornato come vice di Malesani in A e in un campionato disgraziato, per lui positivo: tre pareggi. Un dato che lo consegna alla favola come imbattuto. Il tutto in una stagione, quella di B, alla fine della quale Sensi, senza soldi, con spogliatoio, staff tecnico, medici e massaggiatori che debbono autogestirsi anche per le mille lire (vero Mutti e Perinetti?), lascia e cede a Zamparini ancora in vacanza,
indeciso (c’era anche il Genoa tra le possibili scelte) e che aveva già spedito il Venezia in ritiro, in Valsugana, con Bellotto appena ingaggiato.
Un affronto per i tifosi veneziani che vedono eclissarsi, come per magia, anche 12 giocatori. Un pullman noleggiato dal Palermo, infatti, sale a Pergine, imbarca il portiere Rossi, i difensori Bilica, Conteh e Modesto, i centrocampisti Lai, Marasco, Morrone, Ongfiang, Santana e Soligo, gli attaccanti Di Napoli e Maniero e percorre di notte i 119 chilometri che li divide da Longarone, dove si trova la nuova realtà. “Meglio in C che in A con Zamparini”: i tifosi veneziani mandano messaggi infuocati. Ma i “resti”, nonostante tutto, si salvano senza sofferenze, mentre Zamparini non riesce a centrare la A. E soprattutto, al “Barbera”, a novembre, con 7 ex in campo, viene sconfitto da Bellotto e compagni per 2-0. Una piccola vendetta. Mollato da Zamparini, il Venezia per anni sarebbe uscito di scena e solo nel 2017 con Joe Tacopina e Filippo Inzaghi avrebbe ritrovato la B e il Palermo, un paio di stagioni, fino alla caduta di Zamparini e al fallimento del club, intense e ricche di sorprese. A cominciare da quella del 2017-18.
Inzaghi strappa un pareggio al “Barbera” portando in panchina un certo Stulac (tra i rosa Accardi che ora ritrova l’amico Fiordilino dall’altra parte della barricata). Al ritorno, il patron decreta però il licenziamento di Tedino (sostituito con Stellone) dopo una sconfitta che lo fa infuriare (3-0, segnano anche Stulac e l’ex Andelkovic). Nella semifinale play-off, passa il Palermo che poi avrebbe perso la A con l’ormai tristemente famosa finale di Frosinone. Le ultime due sfide nel 2018-19 non senza svolte improvvise e clamorose. Il Venezia di Zenga pareggia fuori casa con le reta di Segre e di Struna per Stellone. Nel Palermo c’è Fiordilino contro Di Mariano (82 presenze, 12 gol e 9 assist in maglia nero verdearancio) ora avversari a colori invertiti. E proprio Di Mariano, che torna al “Barbera” da avversario, subisce un fallaccio da Trajkovski che viene espulso. Il Brescia intanto vince il campionato con il “Genio” e il Venezia retrocede ma è ripescato dopo l’esclusione del Palermo oggi nell’orbita del Manchester City. Quante peripezie e quanta strada. Anche domenica, la sfida ha un sapore di ultima spiaggia.