L’edizione odierna de “La Repubblica” si sofferma sull’omicidio Celesia.
Ha vissuto inseguendo il pallone. Da bambino nella piazza del Cep, lo stesso quartiere del suo mito Totò Schillaci, l’ex nazionale azzurro eroe di Italia ’90, da ragazzino nei settori giovanili delle squadre di serie A, dal Torino al Palermo. «Lo conosciamo da quando era un bambino — dice Antonietta Fazio dell’associazione San Giovanni Apostolo che ieri ha deciso di fermare le iniziative in programma legate al Natale per la morte di Celesia — Anche i suoi nipoti e i suoi cugini frequentano la nostra associazione. Ha sempre giocato a calcio, non esisteva altro per lui. Siamo davvero sconvolti».
Si accorsero di quel ragazzino del Cep anche gli scout delle giovanili: a 16 anni se lo prende il Torino, poi il Palermo, infine il Trapani. Con il club granata ha giocato sei partite con la formazione Under 17, quindi il prestito al Palermo, sempre con l’Under 17, con cui nel 2018 ha disputato dieci incontri segnando un gol. Poi ha giocato in Serie D con la maglia del Troina e poi del Marsala, mettendo insieme otto partite una delle quali proprio contro il Palermo, all’epoca in D. In questo percorso è riuscito a realizzare anche il sogno di giocare allo stadio “Renzo Barbera” che amava da quando era bambino. Per nove minuti, il 5 gennaio del 2020, entrò in campo durante la gara Palermo-Marsala vinta dai rosanero per 3 a 1.
A un certo punto, però, qualcosa si è rotto. A 20 anni arriva l’ultima esperienza con la Parmonval in Eccellenza e dopo decide di attaccare le scarpe al chiodo e dire addio per sempre al sogno di diventare un grande calciatore. «Chi ha la fortuna come Lino di arrivare presto nei settori giovanili professionistici — dice Aldo Bellingardo, allenatore della Parmonval — e assapora così il calcio di alto livello con la speranza di farcela davvero che diventa sempre più reale, ha difficoltà poi a tornare indietro. È dura se non ti sostiene un certo equilibrio, un certo carattere. Quando l’ho incontrato nel 2020 ho percepito che aveva mollato psicologicamente. Peccato, era un vero talento, tecnicamente eccelso, faceva la differenza. Diventare calciatore è un percorso arduo, devi avere i piedi, ma anche essere forte di testa, non arrenderti. Sono sconvolto dalla sua morte, un dolore davvero grande». Anche da Urbano Cairo, presidente del Torino e da tutto il Torino Football Club è arrivato un messaggio di cordoglio.