L’edizione odierna de “La Repubblica” si sofferma sulla Tari a Palermo con una stangata in arrivo.
In vista c’è la stangata sulle tasse comunali imposta dal Piano di riequilibrio approvato dal Consiglio per evitare il dissesto. Alle spalle due anni di debiti, cali di fatturato e chiusure forzate a causa del Covid. E intanto si accumulano bollette di luce e gas con cifre raddoppiate, persino triplicate, rispetto al passato. Ristoratori e commercianti sentono l’acqua alla gola. In cinquecento, durante la pandemia, hanno chiesto aiuto alla Caritas per pagare le bollette, la tassa sui rifiuti e gli affitti dei locali. Tutto subito, in base al Piano di riequilibrio comunale, costerà di più: dalla tassa sui rifiuti al suolo pubblico, dai diritti di segreteria per presentare le pratiche negli uffici a uno stand nei mercati generali.
Per chi ha deciso di fermarsi perché stare aperti « costa di più che chiudere » , la pressione fiscale sempre maggiore suona come una beffa. « Il ristorante è chiuso da oltre dieci giorni — dice Salvo Longo, titolare di “ Salmoriglio” in corso Vittorio Emanuele — troppe spese e pochi clienti, forse riapriremo ma soltanto nel fine settimana. E intanto i costi lievitano. L’ultima bolletta della luce è di 6.700 euro. E il rincaro delle tasse comunali è la mazzata finale che di certo non ci aspettavamo. Sarà un massacro. L’anno scorso abbiamo stimato una perdita del fatturato del 60 per cento rispetto al passato».
Finora Longo, come i colleghi, ha potuto contare sul suolo pubblico gratuito per l’emergenza Covid. In primavera, invece, dovrà prepararsi a pagare di tasca sua per avere sedie e tavolini all’aperto: secondo il nuovo piano del Comune, la cifra lieviterà del 10 per cento ogni due anni per i prossimi venti. «Per ora è gratis, poi sarà un ulteriore costo da affrontare», dice il ristoratore.
In via Roma, Massimo Mangano con il suo negozio di calzature “Gaia” rappresenta una delle poche vetrine che resiste, contro le 122 che nel tempo hanno chiuso. E mentre le tasse aumentano, in Consiglio comunale non è mai stata discussa la modifica dell’articolo 5 del Piano urbanistico commerciale che consentirebbe ai nuovi negozi di estendersi fino a 1.500 metri quadrati, superando il limite dei 200 attualmente previsto per ogni nuova licenza. Per via Roma, ad esempio, sarebbe una boccata di ossigeno perché finalmente potrebbero arrivare i grandi marchi a riaprire le vetrine.