L’edizione odierna de “La Repubblica” si sofferma sul Palermo che sprofonda contro il Catanzaro.
E adesso? Eugenio Corini, alla vigilia della partita contro il Catanzaro, aveva detto che a Palermo la gente era abituata con Zamparini e che con il nuovo corso la società si schierava con il tecnico. Adesso però anche lo sceicco Mansour o chi per lui avrà perso la pazienza e si sarà reso conto che così non si può andare avanti, che la situazione è arrivata anche oltre il baratro e che il 2 a 1 con il quale il Catanzaro è passato al “Barbera” ha detto che questo Palermo è una squadra dall’elettroencefalogramma piatto, senza nerbo, senza idee. Corini, giusto per restare alle sue dichiarazioni pre gara, dice che la squadra è dalla sua parte.
Se così è i giocatori non fanno nulla per dimostrarlo, anzi sembrano accreditare la tesi opposta o, quanto meno, che esiste un difetto di comunicazione tra l’allenatore e i suoi giocatori. Già, suoi. Ma suoi sino a quando? Questa sconfitta sembra essere la pietra tombale sull’esperienza di Corini sulla panchina rosanero. Adesso inizieranno le valutazioni, ammesso che queste analisi non siano già state fatte nei giorni e nelle settimane scorse.
La contestazione del pubblico sancisce la fine di una storia che era stata d’amore quando Corini giocava ed è diventata ai limiti dell’odio oggi che l’ex capitano siede in panchina. E non regge nemmeno la scusa che i giocatori soffrono la pressione del “Barbera” perché se così fosse sarebbe ancora più deprimente per professionisti che fanno questo mestiere per giocare in una piazza come Palermo. Giocatori che hanno colpe pari se non maggiori a quelle del loro allenatore.