Repubblica: “Palermo. Schiaffo a Cosa Nostra. Al Borgo Vecchio vince il coraggio degli imprenditori”

L’edizione odierna de “La Repubblica” si sofferma sul blitz al Borgo Vecchio. Dodici imprenditori che stanno ristrutturando palazzine nella zona e due commercianti del quartiere si sono rifiutati di pagare il pizzo e hanno denunciato, uno dietro l’altro.

La scorsa notte, venti persone sono state arrestate dai carabinieri del nucleo Investigativo sulla base di un provvedimento di fermo disposto dal procuratore Francesco Lo Voi, dall’aggiunto Salvatore De Luca, dalle sostitute Amelia Luise e Luisa Bettiol. Al Borgo Vecchio c’era un nuovo clan parecchio aggressivo, guidato da un “anziano” di Cosa nostra, Angelo Monti, che era stato scarcerato nel novembre di tre anni fa per fine pena. Appena tornato in libertà, ha ripreso servizio. Anche perché, intanto, i fratelli Tantillo erano stati arrestati. Uno aveva pure iniziato a collaborare con la giustizia. Monti puntava tutto sul racket delle estorsioni, soprattutto per rimpinguare la cassa assistenza dell’organizzazione, alle prese con tante famiglie di detenuti.


Ma non hanno funzionato i modi sbrigativi della squadra degli esattori ( formata da Salvatore Guarino, già condannato per associazione mafiosa, Giovanni Zimmardi, Vincenzo Vullo e Filippo Leto). Sarà stato per la crisi economica, o per quella di Cosa nostra. Oppure, perché gli imprenditori che lavorano nelle ristrutturazioni al Borgo arrivano tutti da altri quartieri. Uno è Giuseppe Piraino, che già due anni fa aveva videoregistrato col cellulare l’esattore del pizzo. A maggio, è tornato a riprendere il boss che chiedeva di incontrarlo, Salvatore Guarino. Ed è stato parecchio chiaro nel dirgli che non aveva alcuna intenzione di pagare il ” contributo per la festa”: «Queste sono tutte vittime della mafia — gli ha detto mostrando un foglio con la foto di Falcone e Borsellino — se lo tenga questo foglio, lei che deve studiare, si vergogni di chiedere il pizzo» . Nel video, pubblicato ieri su Repubblica. it, si vede il mafioso che farfuglia: «Ma non sto chiedendo il pizzo… è per la festa». Pirano incalza: «Gliela faccia vedere io la festa».


Anche un altro imprenditore ha registrato la richiesta di pizzo col suo cellulare. Si è finto operaio e ha iniziato un dialogo con il mafioso: « Guardi che mio figlio è carabiniere» , è stato l’esordio. «E, allora, ci dobbiamo spaventare?» , ha risposto l’esattore. «Se ti vuoi spaventare ti spaventi, se non ti vuoi spaventare non ti spaventi, guarda che là c’è la telecamera». L’imprenditore travestito da operaio rilanciava. E l’esattore del pizzo pure: «Ma cosa sta facendo? Lo sbirro sta facendo?». E l’imprenditore: «Io ho solo detto che là c’è la telecamera e che mio figlio è carabiniere». Insomma, imprenditori coraggiosi.


«I carabinieri gli dicono grazie, perché si sono fidati di noi», commenta il generale Arturo Guarino, il comandante provinciale dell’Arma di Palermo.
«Come finiu?», dicevano intanto i boss. E ancora: «Sei venuto a casa di altre persone senza bussare… tu lo sai come funziona quando vai a casa di altre persone, si chiede il permesso». Le frasi pronunciate dagli emissari della cosca e riferite dalle vittime potrebbero essere lo spunto per un trattato di sociologia sulla nuova vecchia mafia. In fondo, niente di nuovo sotto il cielo di Palermo. Per i mafiosi, il tempo sembra non essere passato. «Non sto chiedendo l’elemosina, e tu sai quanto devi consegnare”», diceva uno degli esattori mandati da Monti. E ancora: «Ti spiego io come funziona a Palermo, prima di iniziare un lavoro devi chiedere il permesso alla gente della zona, perché bisogna fare un regalo ai carcerati» . Le stesse parole che venivano pronunciate negli anni Novanta e Duemila. «Vi siete messi a posto?». Ma, adesso, per fortuna, la risposta è stata diversa. Anche se qualcuno, inizialmente, ha avuto paura. «Ho chiuso il cantiere per qualche giorno» , ha spiegato una delle vittime.


Un commerciante ha raccontato: «Stavo per acquisire un bar in via Principe di Scordia, in uno degli ultimi incontri il proprietario mi presentò una persona, che avevo visto altre volte all’interno del locale. Un giorno mi disse di seguirlo fuori, spiegò che gli avrei dovuto consegnare 1.000 euro per l’ingresso. A Natale e a Pasqua, altro denaro. Il vecchio proprietario mi spiegò poi che l’uomo appena conosciuto era quello che controllava la zona, a cui avrei dovuto pagare il pizzo per stare tranquilli. Ma feci sapere che non avrei pagato».