L’edizione odierna de “La Repubblica” si sofferma sulla situazione dei Rotoli a Palermo.
Nunzia Bonanno e Rosa Caruso sono morte a due anni di distanza. Aspettano nello stesso deposito di essere seppellite. Stanno a terra perché sui ponteggi a tre piani non c’è più posto e neanche nelle due tensostrutture in mezzo al cimitero. Due anni fa, di bare in attesa al cimitero dei Rotoli ce n’erano 500, oggi sono 1.003. Su alcune piove e batte il sole perché non c’è più una tettoia a ripararle. Il legno si è spaccato e lascia fuoriuscire i liquidi, i volti sulle foto sono sbiaditi e la polvere ricopre tutto. Soltanto i fiori sono freschi. Perché, se la città si è dimenticata dei suoi morti, non può fare lo stesso chi quei morti li ha amati.
Mogli, mariti, nipoti, figli, zii, sorelle, fratelli che ogni giorno cercano negli uffici trasformati in deposito il caro da piangere due volte. Una perché non possono più abbracciarlo, l’altra perché non hanno potuto dargli una dignitosa sepoltura. «Mi vergogno di essere palermitana — dice Filippa Giordano, che ha perso il marito quattro mesi fa — Ogni settimana pulisco la stanza dove si trova, cerco di dargli un po’ di dignità nonostante il lutto, nonostante il grande dolore che provo». La salma di Giordano dovrebbe essere trasferita al cimitero di Sant’Orsola, ma le operazioni vanno a rilento e il numero di loculi previsto dalla convenzione con il Comune è già stato raggiunto.
Le ultime undici bare hanno lasciato i Rotoli l’altroieri. Paolo Palazzo va ogni giorno ai Rotoli per spolverare la bara di suo padre, appoggiata a terra nella tensostruttura. È arrivata a gennaio, quando di posti sui ponteggi non ce n’erano più. I fiori non mancano mai. «Ho il terrore che si rovini — dice Palazzo — Mi si stringe il cuore nel vedere mio padre buttato a terra ad aspettare. Ma poi cosa? Quanto? Ci sono salme che aspettano da due anni: che fine faremo noi?».