Aveva fatto il giro d’Italia la notizia della bambina nata dalla donna in fin di vita per il Coronavirus a Palermo. L’edizione odierna di “La Repubblica” fa il punto della situazione attraverso le parole del padre della bimba, Mohamed, che ha raccontato la sua emozione per la nascita della bambina. Di seguito le sue parole: «È bellissima. Pensavamo a un futuro migliore insieme, ma il coronavirus ha rovinato tutto». Se non fosse stato per la psicologa e per i medici dell’ospedale Cervello, non avrebbe saputo della nascita della sua primogenita, venuta al mondo due giorni fa con un parto cesareo eseguito d’urgenza sulla trentaquattrenne bengalese in coma per il Covid- 19. Ieri la piccola, nata alla trentesima settimana di gestazione, è stata estubata: ora respira autonomamente ed è risultata negativa ai primi due tamponi. Ma né la mamma, ancora grave in Rianimazione, né il padre, che lavora a Roma come aiuto cuoco, hanno potuto conoscerla: « Ho chiesto una foto e me l’hanno inviata. Ringrazio i medici che si stanno prendendo cura di lei » , si emoziona Mohamed.
Il nome vero della bambina — Raisha — lo ha scelto lui: «Io e mia moglie Hafiza lo avevamo deciso insieme » . Ma per tutti, in corsia, continua a essere Rosalia Sofia. « Come la santa patrona di Palermo e l’ospedale dove è nata», sorridono i medici che due giorni fa l’hanno fatta nascere con un parto cesareo straordinario, dopo aver atteso per due settimane che la madre si risvegliasse. Hanno aspettato fino all’ultimo, per darle più chance di sopravvivenza. Ma due giorni fa hanno deciso di agire: troppo gravi le condizioni della madre.
Raisha è nata alle 11 del mattino, grazie alla perizia di un’équipe di ginecologi e neonatologi. Ad avvisare il padre è stata la psicologa Sandra Gambino: «In azienda lavorano quattro psicologi — spiega — che prestano assistenza nel reparto di Malattie genetiche rare. Durante la pandemia, con la chiusura degli ambulatori, abbiamo deciso di dedicarci ai pazienti Covid. Un lavoro di sinergia professionale che ha come obiettivo la salute a 360 gradi delle persone».
È lei che ha stretto i contatti con il marito e il fratello della donna. « Siamo felicissimi della nascita della piccola Raisha » , dice lo zio Humayan, l’unico familiare che vive a Palermo. Nemmeno lui ha potuto ancora conoscerla: si trova in quarantena con la moglie e il figlio, nella casa dove ha ospitato Hafiza prima che manifestasse i sintomi della malattia. Era arrivata a Palermo da Londra, facendo scalo a Roma, il 14 maggio. «In Inghilterra — racconta il fratello — si era trasferita un anno fa con il compagno. Ha lavorato come cameriera in un ristorante bengalese. Poi lui è tornato a Roma perché è scaduto il permesso di soggiorno, mentre lei è rimasta a Londra » . Qui è stata sorpresa dal lockdown. Solo ai primi di maggio è riuscita ad acquistare un biglietto aereo per rientrare a Palermo, dove era vissuta per dieci anni con il primo marito e due figli, e dove ancora formalmente risiede.
« Il nostro progetto era che terminasse la gravidanza in Sicilia e poi si trasferisse con me a Roma», dice il compagno Mohamed, che ha trovato lavoro in un ristorante di piazza Navona: «Purtroppo non posso spostarmi, perché a breve il locale riaprirà » . Anche gli altri due figli della donna, di 12 e 7 anni, ora in Bangladesh con la nonna, hanno visto la sorellina solo in foto. « Ogni giorno pregano che la loro mamma si risvegli», dice lo zio. Ma Hafiza ancora dorme, attaccata a un ventilatore nel reparto di Terapia intensiva del Cervello. I suoi polmoni sono fuori uso all’80 per cento a causa del Covid. Ma adesso che la piccola Raisha non è più dentro il suo grembo, i medici potranno tentare nuove terapie per salvarla.