L’edizione odierna de “La Repubblica” si sofferma sul traffico di auto rubate e l’asse tra Zen e Sperone.
L’ultimo deposito di auto rubate, i poliziotti di Brancaccio l’hanno trovato in via Macello, dentro una casa diroccata. Ma il vero tesoro è molto più in là, fra i casermoni dello Sperone, lì operano dei laboratori specializzati per estrarre i metalli rari che si trovano dentro le marmitte catalitiche: platino, palladio, rodio. Valgono dieci volte di più dell’oro e possono arrivare all’astronomica cifra di 500 mila euro al chilo. Un grande affare criminale per i ricettatori, in ogni marmitta ci sono dai 6 ai 30 grammi di metalli rari.
Ma dove sono i laboratori dello Sperone? E i depositi di Brancaccio dove sono finite le tantissime auto e moto rubate in questi ultimi mesi? «Bisogna cercare anche allo Zen», raccontano. Sono i baratri di Palermo, i buchi neri dove scompaiono le cose rubate, la meta di ogni ladro piccolo e grande. Sì, perché, i ricettatori sono tornati a riorganizzarsi.
In stretto contatto con le batterie di ladri. O in autonomia. Ma sono sempre loro, i ricettatori, che decidono le sorti del mercato criminale. «Perché anche la merce rubata ha le sue quotazioni», racconta un vecchio poliziotto. «E spesso i ricettatori sono degli insospettabili» Al Borgo Vecchio finiscono invece le moto. Un altro buco nero, nonostante il quartiere venga spesso presidiato da polizia e carabinieri. Ma è impossibile conoscere i segreti delle viuzze e dei magazzini fra via Ettore Ximenes e via Domenico Scinà. I ricettatori sono velocissimi a smontare e rimontare. I pezzi di ricambio di moto pregiate hanno un listino molto particolare.
Ma prima di smontare i pezzi, ladri e agenzie di ricettazione fanno una verifica. Aspettano di capire se la vittima accetta di pagare, per riavere indietro il mezzo trafugato. Sono i cosiddetti cavalli di ritorno. I baratri di Palermo non sono poi così sconosciuti. In un modo o in un altro, qualcuno riesce a trovare la strada.