Repubblica (Palermo): “Negozi, la serrata in anticipo. Stretta sui mercati”

L’edizione odierna de “La Repubblica” si sofferma sugli effetti del Coronavirus a Palermo. Hanno già chiuso o annunciato la chiusura le grandi catene come MaxMara, Calzedonia Laura Spagnoli e i negozi storici come Bucalo, Leone e Torregrossa. Chiudono ristoranti come Bisso Bistrot, l’Osteria Ballarò e le pizzerie Tondo e Frida. Con lo stop ai mercatini rionali scattato ieri all’alba, con le limitazioni alle ore 18 per i pubblici esercizi ( bar e ristoranti) e con i negozi vuoti per il “divieto di shopping”, lo scenario previsto da Confcommercio, Fipe, Confesercenti e Assoimprese è chiaro: «Nell’arco di qualche giorno resteranno aperti solo supermercati, negozi di alimentari e farmacie». Un ritornello comune a tutte le associazioni di categoria che lamentano la poca chiarezza delle ultime disposizioni anti diffusione del Coronavirus. Il decreto della Presidenza del consiglio non obbliga i cittadini rimanere in casa e nemmeno i commercianti a chiudere i negozi, ma prevede sanzioni da codice penale a chi viene fermato in città e non dimostra che è fuori casa per motivi strettamente necessari ( far la spesa, una visita medica, un acquisto in farmacia o esigenza di lavoro).
Una confusione che a 48 ore dall’entrata in vigore della zona protetta a Palermo lascia nel limbo le categorie dei commercianti e degli esercenti. «Vogliamo che il governo faccia chiarezza – commenta Patrizia Di Dio – ci dica che dobbiamo chiudere e non lasci la responsabilità ai commercianti». Intanto un bar e ristorante su quattro ha già deciso di chiudere « ed entro venerdì il 70 per cento dei pubblici esercizi avrà abbassato le saracinesche» , assicura Antonio Cottone, presidente di Fipe Palermo che aggiunge: «Stare aperti a queste condizioni, soprattutto per chi non si trova a ridosso degli uffici dove ancora si lavora è molto costoso e non conviene più, molti ricorrono alla vendita da asporto, almeno sino a quando non sarà vietato come vogliono già fare in Campania».