L’edizione odierna de “La Repubblica” si sofferma sul flop del Palermo a Foggia.
La sconfitta più pesante della stagione e dal giorno della rifondazione, la prima del nuovo ciclo, non passa inosservata. E non solo per le statistiche. Fa, piuttosto, tanto rumore e non possiamo considerarla un occasionale disturbo della personalità di squadra. Il Palermo è sprofondato a Foggia, come non pensava e senza attenuanti se non quelle di un gruppo che non ha mai pienamente convinto. Però Baldini insiste nel promuoverne la prestazione e nell’imputare alla mancanza di lucidità in attacco le responsabilità di un tonfo che va al di là delle più infelici previsioni, se confrontato con la prova fornita contro la Juve Stabia appena tre giorni prima.
«La colpa è mia», si autoaccusa senza accorgersi che dietro a questa sua rituale affermazione, teorica difesa dei ragazzi, si nasconde la realtà di un tracollo da addebitare proprio alle sue presunzioni. Evitando giudizi di merito troppo netti, resta da registrare il fatto non più nuovo, anche perché si giocava in trasferta, che i rosa in poche ore hanno mostrato due forme, difficilmente sovrapponibili: matura al Barbera nell’ultima uscita; disastrosa a Foggia dove si sarà anche sbagliato sotto rete, ma è rispuntata una sorta di sintesi dei guai passati. L’allenatore spiega: «Noi eravamo bellini, loro concreti».
Non sappiamo se per vera convinzione – speriamo di no – o per coprire un passo falso che brucia, considerate le dichiarazioni della vigilia. I progressi improvvisamente si sono fermati: in novantacinque minuti, il Palermo è tornato indietro con una serie di strafalcioni, soprattutto sulle ripartenze degli avversari, che erano stati il tallone d’Achille di Filippi. Con Baldini, continue verifiche e una nuova mentalità si erano tradotti in elementi di fiducia. Perché cambiare, dunque? E passare ad una sistemazione tattica che il suo predecessore aveva dovuto, suo malgrado, bocciare? Il modulo è variabile, su questo non ci sono dub Martedì invece, rispolverate antiche illusioni forse per il desiderio di mostrare più coraggio dello stesso Zeman, il tecnico ha abbandonato ogni cautela, con una sequenza di cambi azzardati e con la conseguenza di riportare alla luce verità negative, già dimenticate.