L’edizione odierna de “La Repubblica” si sofferma sul caso dello stupro di Palermo.
Lo stupro di gruppo avvenuto al Foro Italico la notte del 7 luglio scorso sono nel mirino degli altri detenuti, tanto che il Dap ha disposto il trasferimento urgente. Fuori i loro familiari si sono presentati in un commissariato di polizia per denunciare le minacce subite sui social e i casi di profili fake che alimentano l’odio riconducibili ai sei ragazzi. Le minacce più gravi riguardano i reclusi al carcere di Pagliarelli. Appena entrati in cella sono diventati un bersaglio per gli altri detenuti. Se ne sono accorti gli agenti della polizia penitenziaria che hanno consegnato una relazione di servizio al Dap in cui Angelo Flores, Elio Arnao, Christian Maronia, Samuele La Grassa, Gabriele Di Trapani e Cristian Barone vengono definiti «invisi» agli altri carcerati tanto da chiedere la valutazione del trasferimento d’urgenza «per evitare azioni destabilizzanti per l’ordine e la sicurezza».
In più c’è la richiesta di trasferimento presentata dai difensori di alcuni dei ragazzi. La decisione è arrivata dopo le valutazioni del Dap. I trasferimenti verranno fatti fra oggi e domani, non appena verranno individuati gli istituti di pena adatti a ricevere i sei ragazzi. Le destinazioni rimarranno comunque segrete, almeno per le prossime settimane. I sei arrestati saranno rinchiusi in sezioni protette per evitare che si ripeta il copione andato in scena al Pagliarelli e per applicare il divieto di non incontrarsi fra loro imposto dall’autorità giudiziaria. Fra le ipotesi c’è quella che i sei giovani vengano distribuiti nella altre carceri siciliane. Fuori dal Pagliarelli anche i familiari continuano ad essere bersagliati dalla campagna d’odio.
Questa volta in rete. Genitori, fratelli e parenti degli arrestati si sono presentati in commissariato a Palermo per denunciare le minacce nei loro confronti sui social e la violazione dei profili degli arrestati su tutte le più importanti piattaforme. Al momento si tratta di denunce contro ignoti. I parenti hanno chiesto alla polizia di identificare gli autori dei commenti ma soprattutto chi ha realizzato i profili fake dei propri parenti. Per i familiari a scatenare l’ondata di odio e minacce nei loro confronti è stata la composizione fotografica con i nomi e i volti dei sei ragazzi che già il giorno degli arresti, venerdì scorso, erano state pubblicate su Facebook e condivise da migliaia di persone.