Palermo è nel pieno dell’emergenza Coronavirus, tanti sono i palermitani che non percepiscono stipendio per via della pandemia. L’edizione odierna di “La Repubblica” fa il punto della situazione sul capoluogo siciliano e sulle persone che si stanno reinventando un lavoro pur di cercare di percepire qualcosa. Palermo, interno giorno, un supermercato del centro. La ragazza alla cassa risponde al telefono fra un cliente e l’altro: « No, non assumiamo direttamente fattorini. Dovete rivolgervi alla sede centrale». La ragazza alla cassa, che si chiama Laura Marino, trascorre buona parte delle sue giornate così: perché, nell’economia al collasso per il coronavirus, supermercati e mondo della ristorazione sono subissati di richieste di lavoro come fattorino. Qualcuno ce l’ha già fatta. Ad esempio Giorgio Di Paola, che fino a qualche settimana fa sopravviveva con lavori occasionali nei locali: «Quando la crisi è scoppiata e gli altri assaltavano i negozi per fare la spesa — dice — io ho fatto il giro dei supermercati della zona per chiedere se servisse loro un fattorino. Un punto vendita del centro di Palermo mi ha preso in prova». Più o meno analoga è stata la trafila seguita da un suo coetaneo quarantenne che preferisce che il suo nome non sia pubblicato: laureato in Scienze politiche e disoccupato, ha inviato curriculum a diverse aziende della grande distribuzione: «Alla fine — sorride — sembravano dispiaciuti. “Lei è laureato”, mi hanno detto pensando che fosse un posto troppo umile per me. Inizio lunedì: mi hanno fatto un contratto bimestrale da mille euro al mese per lavorare come imballatore in un magazzino di Carini che fa da centro stoccaggio per una catena della grande distribuzione». C’è un sacco di gente che si ingegna, in questi tempi duri. Fabrizio D’Aquila, ad esempio, è un ex imprenditore che qualche anno fa ha avuto molto successo con un locale a Isola delle Femmine: poi ha iniziato a lavorare in un albergo e adesso è in cassa integrazione, ma lo spirito intraprendente non gli è venuto meno. Così, da questa settimana, ha lanciato un’applicazione Facebook, GoFood Italia: «L’idea — chiarisce — è da fare da centrale di smistamento per i locali che non sono attrezzati per le consegne a domicilio. Noi raccogliamo gli ordini e li trasmettiamo al locale, che poi organizza la consegna » . La ristorazione, del resto, è l’altro settore nel quale i lavoratori in crisi stanno cercando di reinventarsi: è capitato ad esempio a un trentacinquenne di Palermo, che fino all’inizio del mese lavorava nell’edilizia e che adesso è rimasto senza impiego. «Il locale vicino a casa mia, alla Zisa, aveva affisso un cartello — racconta — “Stiamo organizzando il servizio a domicilio”. Mi sono messo a disposizione. Adesso faccio le consegne per loro. È un modo per provare ad andare avanti e per superare questa crisi. Poi si vedrà»