Repubblica: “Palermo di nuovo beffato, anche l’appello dice no alla serie A. Ecco cosa succede adesso”
L’edizione odierna de “La Repubblica” ha parlato della decisione della corte federale d’appello di respingere il ricorso presentato dal Palermo contro le sanzioni ritenute non afflittive irrogate al Parma. Ecco quanto si legge: “Un altro ” no”. La corte federale d’appello ha respinto il ricorso del Palermo contro le sanzioni ritenute dai rosa non afflittive irrogate al Parma, facendo svanire la possibilità di riacciuffare la promozione in serie A al posto degli emiliani. L’istanza della società di viale del Fante è andata a sbattere contro il nuovo provvedimento deciso dalla corte federale che ha derubricato il reato per la società gialloblu e per Emanuele Calaiò da illecito sportivo a slealtà sportiva.
Per il caso dei messaggi inviati da Calaiò a De Col alla vigilia della partita contro lo Spezia il Parma vede annullati i cinque punti di penalizzazione e se la cava quindi con un’ammenda di 20 mila euro; il giocatore, squalificato per due anni in primo grado, sconterà una squalifica fino al 31 dicembre del 2018. Il Palermo aveva preannunciato l’intenzione, in caso di esito negativo, di proseguire la sua battaglia fino al terzo grado di giustizia, davanti al collegio di garanzia del Coni che oggi, invece, esaminerà i due ricorsi del club rosanero contro Federcalcio, Frosinone e Lega di B per i fatti della finale di ritorno dei play-off. La società rosanero ha chiesto anche la liberatoria per portare il caso Parma davanti alla giustizia ordinaria.
I primi ad arrivare in via Campania a Roma negli uffici della corte federale d’appello sono stati gli avvocati del Parma, guidati da Eduardo Chiacchio, e l’attaccante Emanuele Calaiò, accompagnato dal legale Paolo Rodella. Ma il primo a prendere la parola è stato l’avvocato del Palermo Francesco Pantaleone che ha ribadito la linea della società secondo cui la penalizzazione sarebbe stata da scontare nel campionato in cui era stato commesso l’illecito.
Poi è stata la volta dell’avvocato di Calaiò, Paolo Rodella, che ha fatto « appello alla sensibilità di una visione sostanziale dell’accaduto – ha detto – si può discutere sulla opportunità di questi messaggi, possiamo censurare il ” cazzeggio”, ma non può mai essere considerato un illecito sportivo».
Una versione ovviamente supportata anche dalle parole di Calaiò. « Non avevo un secondo fine – ha detto l’attaccante nato a Palermo – lo posso giurare sulla vita dei miei figli. Spero crediate alla mia buona fede».
Nel corso del dibattimento non sono mancate le polemiche fra la stessa procura federale e la corte d’appello. « Avete ricevuto la segnalazione sui messaggi di Calaiò prima della partita – è stata l’accusa mossa dal membro della corte federale Pierluigi Ronzani alla procura federale – avete mandato i vostri delegati sul campo per la gara, ma poi avete aperto l’inchiesta soltanto ventuno giorni dopo. Dovevate intervenire prima». «Non è in discussione l’alterazione della gara – è stata la replica della procura – ma la condotta di Calaiò che già configura la fattispecie del tentato illecito. Avevamo chiesto una penalizzazione che è stata accolta in primo grado. E in ogni caso abbiamo rispettato i tempi previsti dal codice per l’indagine»”.