L’edizione odierna de “La Repubblica” si sofferma su Rachid Berradi, uno dei mezzofondisti più forti che la nazionale azzurra abbia mai avuto, che parla in merito al Marocco ai Mondiale.
«È un sogno». Rachid Berradi, uno dei mezzofondisti più forti che la nazionale azzurra abbia mai avuto, a lungo primatista della mezza maratona e finalista alle Olimpiadi di Sydney, non trova altre parole per raccontare il traguardo della “sua” nazionale del Marocco che stasera giocherà la semifinale dei mondiali di calcio contro la Francia. Di origini marocchine, ma cresciuto a Palermo dall’età di dieci anni dove ha cominciato a praticare sport, si rivede in quei giocatori per metà nati in Europa, pronti a dare tutto per il loro Paese di origine. Lui che sogna in lingua italiana, ma sente forte il legame con il Marocco dove ancora c’è gran parte della sua famiglia, sa bene che stasera si gioca molto di più che una partita di calcio, sebbene dei mondiali.
Berradi si ritroverà con amici marocchini e palermitani davanti al maxischermo del locale “Santamarina” del fratello Reda in piazzetta Speciale. Si mangerà couscous e tajine, ma anche piatti tipici siciliani: perché il tifo più che mai questa volta coinvolgerà davvero tutti. Si è già visto dopo la vittoria contro il Portogallo quando le bandiere del Palermo e del Marocco hanno sventolato insieme davanti alla stazione per fare festa. Berradi, il Marocco è già entrato nella storia… «Siamo di fronte a un’impresa che va ben oltre i confini del calcio. Quello che fa più impressione non è il Marocco che batte il Portogallo e arriva in semifinale, ma quello che si è scatenato fuori dal campo. Una festa che coinvolge il mondo. Il Marocco, tutta l’Africa, l’intero mondo arabo e islamico. È un momento di orgoglio, per tutti i marocchini sparsi nei vari Paesi». Il riscatto sociale è diventato la sua missione in tanti quartieri di Palermo dove porta avanti attività sportive per i ragazzi. Cosa ha imparato?
«Che, per esempio, la dispersione scolastica si può arginare anche con lo sport. Se i ragazzi la mattina si assentano e poi si presentano il pomeriggio per fare sport sanno che non possono farlo: scuola e sport sono collegati. E così tanti ormai non fanno più assenze. Lo sport è uno strumento molto forte, dove i ragazzi si mettono in gioco a 360 gradi. Grazie alla collaborazione con il Coni ormai siamo presenti in 25 scuole della periferia con attività sportive gratuite e seguiamo 3 mila bambini per cui siamo un punto di riferimento. Una grande responsabilità». Il sogno si realizzerà? «Se Dio vuole. Di sicuro i ragazzi della nazionale sanno che oltre il campo c’è molto di più. Lo avvertono. Daranno anima e corpo».