L’edizione odierna de “La Repubblica” si sofferma sull’incubo Coronavirus. In pochi giorni è cambiato tutto. «Il tentativo di contenimento in una zona rossa, dove si trovavano i casi e si identificavano i contatti, è risultato inefficace. Così siamo passati a una seconda fase, in cui le persone devono fare da sole, adottando comportamenti adeguati». Vittorio Demicheli è il direttore sanitario dell’Ats di Milano, cioè dell’agenzia sanitaria che copre tutta la provincia più quella di Lodi e che dall’inizio dell’emergenza si è trovata a gestire i casi sul territorio. Significa tra l’altro occuparsi dei tamponi e delle indagini epidemiologiche sui contatti dei positivi. Oggi che il lavoro va avanti incessante da quasi tre settimane, che il sonno manca a lui e ai suoi collaboratori, sempre più sotto pressione, ammette che la strategia è mutata perché l’epidemia corre troppo veloce e l’urgenza è quella di non riempire ancor di più le rianimazioni. «Chiudevamo le zone rosse e il virus scappava altrove. Adesso è cambiato tutto, siamo in una fase che definirei “comportamentale”. Abbiamo bisogno dell’aiuto della gente e dei suoi comportamenti corretti». In sostanza è necessario che tutti restino in casa. Chi ha sintomi respiratori deve chiamare il medico, che controllerà a distanza che la malattia non peggiori e che quindi non serva il ricovero. Anche chi sta bene deve uscire meno possibile, mai gli anziani a rischio. «La regola del ministero è analizzare tutti i sintomatici ma su certi casi blandi non riusciamo a farli — dice Demicheli — Ogni giorno abbiamo un numero alto di casi, che ci impedisce di rispettare con scrupolo queste indicazioni. Ridurre le interazioni sociali è fondamentale per rallentare il contagio. Non siamo però più in grado di approfondire molto la catena di coloro che sono stati vicino alle persone positive. Oggi quando troviamo un nuovo caso chiediamo a lui di avvertire i suoi contatti e invitarli a restare a casa. Anche il controllo su chi deve fare la quarantena a domicilio è molto difficile. Ci sono persone cui dovremmo telefonare due volte al giorno per sapere se hanno la febbre ma che magari riusciamo a chiamare per la prima volta quando stanno per concludere il periodo d’isolamento. Non è materialmente possibile restare in pari con questi numeri. L’epidemia ha caratteristiche tali che la capacità del sistema di indicare misure di profilassi non regge. Sono le persone che devono adottare i comportamenti giusti, senza aspettare che glielo diciamo noi. Comunque abbiamo ampliato proprio oggi ( ieri, ndr ) il nostro call center, che contatta chi è isolato. Ed entro qualche giorno ci sarà un altro servizio per raggiungere tutti i soggetti fragili, cioè più a rischio, per suggerire loro di stare a casa».