Repubblica: “Oddo contro la «sua» Trapani, a cui il nonno fece scoprire lo sport”
“Che il Trapani possa giocare una partita con in palio la serie A era, fino a qualche mese fa, impensabile. Ma che debba provare a centrare questo straordinario obiettivo, affrontando un pezzo della propria storia, sembra veramente uno scherzo del destino. Eppure, sarà così. Il legame che Massimo Oddo, giovane tecnico del Pescara, coltiva con Trapani non è per nulla trascurabile. Nel dedalo delle vie più strette del centro storico, in uno dei quartieri tradizionalmente più abitato da pescatori, quello di San Pietro, è nato e cresciuto Giovanni Cesare Oddo, nonno dell’attuale allenatore della formazione abruzzese. Nato nel 1913, ha avuto un’esistenza longeva, tanto che è scomparso sette anni fa. Tra le reti cucite sulle strade e l’odore di couscous sospinto dal libeccio, è cresciuto un ragazzo che ha fatto dello sport il suo motivo di vita. C’è da credere che praticare l’atletica leggera, a quei tempi, non fosse semplice in una città come Trapani. Eppure Giovanni Cesare Oddo viene descritto come un saltatore eccellente. Il più autorevole storiografo di calcio e sport trapanese, il giornalista Franco Auci (anch’egli scomparso nel 2009), racconta che Giovanni Cesare Oddo fu campione nazionale universitario di salto triplo nel 1934 e nel 1937. Tutto cominciò per un sua idea di scavare una fossa in una strada vicina al mattatoio (situato sempre nel rione San Pietro) e riempirla di sabbia. Fu quello il campo d’allenamento, che lo condusse ai suoi successi più fulgidi. Un uomo con una dedizione per lo sport così completa, che viene ricordato anche per aver organizzato a Trapani i campionati regionali di nuoto e inventato i “Ludi Drepanensi”, una sorta di Olimpiade che coinvolgeva tutti i comuni della provincia. Poi, si ingegnò, proponendo la traversata a nuoto del porto di Trapani, creando una società ciclistica, e diventando in seguito commissario provinciale della Federazione Italiana di atletica leggera. Ma non finisce qui. Oddo fondò, diresse e allenò la prima squadra femminile trapanese di pallacanestro. Il ruolo di playmaker era ricoperto dalla trapanese Maria Giacoma Cernigliaro, che pochi anni dopo, diventò sua moglie. Dal matrimonio nacquero Giuseppe, Antonina e il papà di Massimo, Francesco. Nel dna di questo signore d’altri tempi, evidentemente, però, era già ben incastonata la passione per il calcio, che avrebbe trasmesso al figlio Francesco (anche lui allenatore del Pescara a metà degli anni Novanta). Tanto che prima riservò a se stesso una figura dirigenziale nel Trapani e nella stagione 1945/46 ne fu anche allenatore. «Il più grande uomo di sport che Trapani abbia mai espresso», non esita a definirlo Franco Auci e la definizione dà idea dello spessore dell’atleta. Nel 1954, Giovanni Cesare si trasferì a Roma e lì la famiglia Oddo iniziò la storia che l’ha condotta dov’è oggi. Massimo Oddo ha sempre conservato un legame speciale con il nonno e Roma era la città in cui si vedevano. A maggior ragione, nel periodo in cui Massimo giocava con la Lazio e aveva la possibilità di incontrarlo con frequenza. Un legame che il tecnico del Pescara ha conservato anche con le origini geografiche della sua famiglia. Nel 1990, infatti, visitò Trapani con il papà Francesco. Proprio Francesco Oddo racconta che «fino alla fine dei suoi giorni il padre Giovanni rimase un grande tifoso del Trapani». La domanda è, allora, inevitabile: per chi avrebbe fatto il tifo Giovanni stasera? Per l’amato nipote che potrebbe arrivare in serie A? O per la squadra della sua città, sostenuta spasmodicamente durante la tutta la sua vita?”. Questo quanto si legge sull’edizione odierna de “La Repubblica”.