L’edizione Nazionale de “La Repubblica” in edicola oggi si sofferma sull’inchiesta per le Plusvalenze che non coinvolgono solo la Juventus, ma ben sei club.
Il calcio italiano è un sistema che vive regolarmente al di sopra delle proprie possibilità, spendendo ogni anno quasi un miliardo più di quanto guadagna. Ma, nel silenzio delle proprie istituzioni, ha ideato un sistema che gli ha permesso di non affondare: lo scambio supervalutato di giocatori fantasma. O quasi. Nel 2015, la Serie A fatturava 2,2 miliardi e le plusvalenze — 381 milioni — rappresentavano il 17% della produzione. Cinque anni dopo sono raddoppiate, arrivando a 739 milioni, mentre i ricavi sono aumentati di neanche un terzo. Colpa di tutti: il virtuoso Napoli ha pagato 20 dei 71 milioni per Osimhen dando al Lille giovani oggi ai margini del calcio professionistico e Karnezis, terzo portiere sull’orlo della “pensione”.
Anche nella Juventus l’impatto dei ricavi è cresciuto vertiginosamente in due anni: dal 2018 al 2020, il periodo sotto indagine, gli effetti prodotti dalle cessioni sono cresciuti del 70%. Una delle società con cui la Juve ha messo in atto un flusso piuttosto continuo è il Genoa: tra i due club sono circolati circa 123 milioni di euro in trasferimenti. In realtà soltanto 25 sono andati a ingrassare i conti correnti. Il resto si è compensato in un pari e patta. Difficile sostenere che a muovere questi affari fossero interessi sportivi: i 74 milioni spesi per prendere giocatori dal Genoa hanno fruttato alla Juve la miseria di 14 presenze in campionato: 12 di Perin, 2 di Zanimacchia. Curioso il caso di Romero, preso versando 26 milioni ai rossoblù, ceduto per 16 (con minusvalenza di 5) all’Atalanta che lo ha rivenduto subito per 55 milioni al Tottenham dell’ex ds juventino Paratici.
Nel prospetto per gli investitori dell’aumento di capitale da 400 milioni ora in corso, la Juventus sottolineava “l’attenzione da sempre dedicata al vivaio, con una politica di crescita e di valorizzazione dei giovani”. Come Audero, alla Samp per 20 milioni aprendo un flusso di operazioni di supervalutazione di ragazzi che oggi al massimo giocano in Serie C. Tra i nomi citati dai bianconeri nel prospetto, anche Favilli e Muratore, ormai 24enni o quasi, che senza aver mai brillato hanno fruttato 19 milioni di euro alle casse della società: soldi generati da affari proprio con Genoa e Atalanta. Tra i prodotti del vivaio però il caso più estremo è quello di Kean: venduto per 30 milioni all’Everton con plusvalenza di 22 milioni, dopo due campionati è tornato a Torino per 35 milioni.
Difficile da spiegare, ma giocatori che vanno e vengono si vedono spesso in Serie A. Prendete l’Inter. Dal 2018, tra i nerazzurri e il Genoa sei operazioni per 78 milioni: tre acquisti per club. Ma, nei fatti, si sono mossi solo 5 milioni. Anche perché i giocatori erano quasi sempre gli stessi: nel 2018 il Genoa acquista il portiere Radu, l’anno successivo lo riprende l’Inter spendendo poco più di quanto incassato. Dodici mesi dopo tocca a Pinamonti: va al Genoa per 19 milioni, un anno e torna per 21 all’Inter dove lui e Radu non giocano mai. Idem Vanheusden, venduto allo Standard per ricomprarlo, senza impiegarlo. Perché un club in cri si dovrebbe spendere per giocatori inutili? La plusvalenza messa a bilancio dopo la prima cessione, ad esempio.
A ottobre la Covisoc aveva scritto una relazione con 64 scambi sospetti. Ma la Procura della Federcalcio ha dovuto attendere di leggerne su Repubblica per aprire un fascicolo. Ora Gravina, presidente della Figc, pensa a una regola che permetta alla Federazione di non considerare, ai fini delle iscrizioni ai campionati , gli effetti a bilancio degli scambi a saldo zero. Ma il Decreto Rilancio prevede la possibilità per le società di spalmare su 5 anni le perdite del 2020. Insomma, far plusvalenze non serve più. E la norma Figc rischia di chiudere la stalla a buoi già scappati.