“Come in un film. Anche se la realtà, spesso, sa essere più sorprendente della fantasia. Ci voleva il discorso del Comandante per cambiare le carte in tavola, per ribaltare l’inerzia dell’inizio di stagione. E così, Vittorio Morace, lunedì scorso, ha deciso di saltare su un aereo, lasciare Malaga (sua abituale città di residenza), e volare a Trapani. Giusto in tempo per la vigilia della gara contro il Benevento, vissuta in ritiro dai calciatori granata. È arrivato in albergo con il figlio Ettore, ha riunito la squadra in cerchio, e iniziato a parlare. A testa bassa, dopo dieci partite senza vittorie, i giocatori erano pronti al “mea culpa”, disposti a promettere il massimo impegno e la vittoria nella gara serale. Invece, contro ogni ragionevole previsione, Morace ha incoraggiato, come sa fare lui, a bassa voce, arrotondando parole e toni, smorzando ansie e timori. Rivolgendosi al gruppo come se avesse davanti a sé i propri figli. «Voi siete gli stessi dell’anno scorso – ha detto – e non dovete pensare che non aver raggiunto la serie A sia stato un fallimento. Anzi, ci avete fatto il regalo più bello che potessimo ricevere. Avete sfiorato un traguardo straordinario, avete portato Trapani alle luci della ribalta. Ma non solo la nostra società, tutta la città». I visi dei calciatori hanno cominciato a distendersi, gli sguardi si sono accesi, i respiri sono diventati più profondi. «Sapete cosa mi rende felice? Vedervi giocare divertendovi. Vedervi sorridere, essere contenti di inseguire un pallone. Vi voglio bene». L’atmosfera si è subito sciolta, e a qualcuno è spuntato un luccicone. Poi, con il sorriso sule labbra, Morace ha scambiato due battute con ognuno dei calciatori, anche utilizzando il dialetto napoletano. Il discorso ha colpito, scosso, centrando il cuore del Trapani. La squadra è scesa in campo con una determinazione e un’attenzione sconosciute nelle prime dieci partite. Ha colpito chirurgicamente con Citro (primo gol stagionale) e poi gestito i novanta minuti con un piglio sorprendente per un’ultima in classifica. Soffrendo, ma non rischiando; correndo a perdifiato, ma senza smarrire la lucidità. Mai sapremo se la sfida con il Benevento sarebbe andata nella stessa maniera senza il discorso del Comandante. Di sicuro, è accaduta qualcosa che ha scardinato l’anima del gruppo. Anche un tecnico esperto e abituato a qualsiasi tipo di imprevisto, come Serse Cosmi, dopo la partita è arrivato in sala stampa, e ha faticato a parlare di difesa a tre e di scelte tecniche. «La vittoria di oggi – ha sottolineato Cosmi – per metà è merito del presidente Morace.
Quando sono entrato nello spogliatoio, prima della gara, ho detto ai ragazzi che non avrei aggiunto nulla a quello che avevano già sentito da lui. Avrei rischiato di rovinare le parole di una persona dotata di un’eleganza e di un’umanità fuori dal comune. Io ho fatto solo la formazione: il resto lo hanno costruito i giocatori, che hanno dimostrato di aver capito come si può uscire da questa sofferenza, e il presidente». È presto per dire se il Trapani si sia messo alle spalle il periodo più difficile. Al di là del valore della vittoria, è sorprendente come la squadra granata abbia acceso la spia dell’emotività con tanto vigore e con tutti i suoi componenti. Era il cambiamento più difficile da attuare, il più complicato da pronosticare. Se Trapani torna a sperare, a credere ancora nella sua squadra, è anche, e soprattutto, per quelle parole pronunciate nella mattina di un autunno che sembra ancora estate. Parole da vero Comandante.”. Questo quanto si legge sull’edizione odierna de “La Repubblica” .