Repubblica: “«Minacce e botte». Un’altra donna accusa Varriale”
L’edizione odierna de “La Repubblica” riporta una nuova accusa da parte di una donna al giornalista Enrico Varriale.
«Mi ha dato uno schiaffo a piene mani che mi ha fatto cadere. Gli attacchi di panico sono cominciati dalla sera stessa. Quando volevo scappare e lui mi ha chiusa a chiave, ho iniziato ad avere questa sensazione. E ho capito che era panico: percepivo pericolo, soffocamento, tremore». Sara ricorda ogni istante dei fatti iniziati l’8 dicembre del 2021, quando l’ex vicedirettore di Rai Sport, Enrico Varriale, l’ha aggredita.
Il nome della donna è inventato per proteggere la sua identità ma il suo racconto è reale e narra le conseguenze di quello che la procura classifica come un caso di stalking e lesioni: «Non riesco più a uscire da sola, non riesco più a farmi una passeggiata da sola, a camminare per strada, mi guardo sempre intorno. Quando vado a lavoro sono sempre accompagnata», dice Sara parlando dietro un paravento, in un’aula del tribunale di Roma, dove è in corso il secondo processo a carico del giornalista, già accusato di reati simili da un’altra donna.
Sara è «spaventata» ma trova la forza di ricordare e il coraggio per raccontare. Riepiloga i fatti avvenuti quella sera: «Mi hanno trovata in posizione fetale», dice spiegando gli effetti degli attacchi di panico scaturiti dopo l’aggressione e le fasi della violenza sfociata durante un alterco in cui Varriale avrebbe afferrato la donna sbattendola contro la porta e sferrandole un ceffone: «Non riesco più a farmi toccare il viso, mi ha lasciato segni, perché dopo qualche giorno ho iniziato ad avere aderenze sulla parte sinistra. Mi ha preso in pieno con tutta la mano. Io peso 47 chili, è facile mandarmi giù con uno schiaffone». Ancora oggi Sara è costretta ogni mese a ricorrere alle cure di un medico: «Con una cannula devono entrare e scollare i tessuti perché si formano queste aderenze dovute al trauma».
Dopo quei fatti la donna si è allontanata da Roma: «Sono dovuta andare via il 19 dicembre perché già ero devastata, terrorizzata dall’8 dicembre. Da quel giorno continuava a mandarmi messaggi, a mandarli ai miei figli, a fare telefonate e venire sotto casa, a citofonare». Il capo d’imputazione rivela che il 19 dicembre del 2021 Varriale contattava la vittima «minacciandola, utilizzando l’utenza della Rai Radio Televisione spa — suo luogo di lavoro — oscurando il numero chiamante… pronunciando con voce contraffatta nel corso della telefonata una frase del tipo “Morirai”». Una circostanza che la vittima ha ricordato in aula.
Varriale avrebbe smesso di perseguitarla soltanto dopo la presentazione delle denunce: «Ho preso le mie precauzioni: cerco di evitare qualsiasi cosa che mi possa mettere in pericolo». Un trauma che ancora oggi produce conseguenze: «Ho visto pochi giorni fa una macchina come quella del Varriale e mi prende il panico ogni volta che ne vedo una, ho la fobia, mi sono nascosta dietro a un’altra auto». Lui le aveva detto: «Se mi denunci ti ammazzo». Ma Sara non si è fatta intimorire, proprio come l’altra vittima che ha denunciato Varriale. Adesso il giornalista deve affrontare due diversi procedimenti.