L’edizione odierna de “La Repubblica” si sofferma sull’inchiesta che coinvolge gli ultras di Inter e Milan.
Luca Lucci, capo della Curva Sud milanista e arrestato per associazione a delinquere ed estorsione, rifletteva sulle sue vicissitudini legali a bordo piscina, paragonando la sua situazione al personaggio di Michael Corleone nel film Il Padrino. Lucci, coinvolto in un processo per narcotraffico e sotto sorveglianza con microspie nella sua casa, temeva ulteriori accuse, specialmente per associazione mafiosa. La sua vita era circondata da relazioni pericolose, con legami profondi con la ’ndrangheta calabrese e figure criminali note, come Antonio Rosario Trimboli e Rosario Calabria.
Il gruppo di Lucci non solo aveva contatti con il mondo della criminalità organizzata, ma interagiva anche con celebrità, come Fedez, attraverso la figura di Islam Hagag, guardia del corpo del rapper. Le connessioni criminali del “Toro” si estendevano anche a rapporti con la camorra, come dimostrato dall’incontro con Gianluca De Marino, affiliato alla camorra napoletana, per questioni legate ai biglietti della finale di Champions League.
Le tensioni interne tra Lucci e altri esponenti del tifo violento, come Nazzareno Calaiò e Giancarlo “Sandokan” Lombardi, culminarono in scontri e rivalità che portarono alla cacciata di alcuni di loro dalla Curva Sud. Lucci controllava anche le attività economiche legate allo stadio, estorcendo denaro ai venditori e pianificando un futuro più legale con negozi di tatuaggi e barberie.
Nonostante i sogni di una vita imprenditoriale pulita, Lucci non riusciva a liberarsi dal mondo criminale, proprio come il suo eroe Michael Corleone.