Repubblica: “Mani, cognac e gol salvezza. La rincorsa di Gilardino al cuore dei tifosi rosanero”

L’edizione odierna de “La Repubblica” si sofferma su Alberto Gilardino che domani affronterà il suo passato.

Li ha fatti piangere e gioire passando da avversario a protagonista di una insperata salvezza: Alberto Gilardino, amato e odiato, meglio odiato e poi amato, distrutto dalle critiche e poi santificato. Episodi calcistici di un’intensità straordinaria: un gol segnato con la mano al Barbera con la maglia della Fiorentina e la scomunica del popolo rosanero; poi la magia decisiva contro il Verona, anni dopo, a conclusione di un campionato da sedotto e abbandonato che avrebbe, però, consentito al Palermo di evitare la retrocessione e, sia pure per poco, il crollo dell’era Zamparini. Il presidente del suo destino di goleador, contro e con il quale avrebbe aperto e chiuso l’affascinante capitolo del “suono di violino”, simbolo di tantissime prodezze: Alberto segna in A, per la prima volta il 25 marzo del 2000 col Piacenza contro il Venezia di Zamparini e l’ultima il 15 maggio 2016 per battere, appunto, il Verona e regalare ai sostenitori e, al patron, una gioia prima del definitivo declino.

Agosto 2015. Gilardino, a sorpresa, viene acquistato dal Palermo. Dimenticata la partita della trasgressione, è proprio Zamparini a volerlo  Il campione del mondo ha la forza di non smarrirsi e autografare l’impossibile salvataggio. Più forte delle parole dell’ineffabile Zamparini: «Un grande giocatore, ma Palermo non è il posto giusto per lui. Fuoriclasse da ultimi metri, certo, ma questa squadra in area ci arriva pochissimo e Alberto non ha nelle corde le ripartenze da lontano». Amore finito A fine stagione, infatti, Zamparini lo molla: «È un campione, in età. Un buon cognac che va centellinato e non bevuto a sorsi». In aiuto del Gila si precipita Sorrentino, nel frattempo passato al Chievo: «In bocca al lupo, sei come il vino: più invecchi, più diventi buono. Peccato che non tutti siano dei sommelier». Zamparini incassa ma, intanto, sta facendo fuori i pilastri della formazione e i giocatori che guadagnano troppo: rivoluzione che l’avrebbe trascinato in B. «È stato lui a chiedere la cessione per provare nuove esperienze»: Foschi cerca di metterci una pezza. Ma Gilardino rivela che la sua vicenda finisce non certo per sua scelta.

Il testamento. Non lascia dubbi: «Io e la mia famiglia ci siamo trovati benissimo e ci dispiace partire, è stata un’esperienza fantastica. Mi sono stupito a leggere certe dichiarazioni. Tornare mi darà sensazioni particolari». Detto, fatto. Il 13 maggio dell’anno scorso, quasi una ricorrenza dell’ultimo incantesimo in rosa, fa visita al museo rosanero e mette la firma sui cimeli del club. Una improvvisata che testimonia quanto i rapporti siano rimasti solidi. Ma domani non c’è spazio per i sentimentalismi. Il confronto lascerà un’impronta: scontro inedito, almeno in panchina, quello fra Gilardino e Corini che da calciatori si sono affrontati in dodici partite concluse in perfetta parità: quattro vittorie a testa e altrettanti pareggi. Mai comunque in un Genoa-Palermo. La storia, dunque, si riaccende.