L’edizione odierna de “La Repubblica” riporta le dichirazioni di Giovanni Malagò, presidente del CONI. Presidente Malagò, il mondo del pallone ha finalmente capito in che mondo vive? «È tempo che qualcuno rientri da Marte. Io ho disperatamente fatto presente quello che sta accadendo in Italia e in molte parti del pianeta: la salute prima di tutto, anche del calcio». L’ipotesi di giocare Juve-Inter lunedì è la soluzione? «Lo slittamento di un turno in tempi ravvicinati mi sembra l’unico modo per garantire al cento per cento la regolarità del campionato. La prossima settimana la Juventus non avrà la Champions League e l’Inter avrà a disposizione tre giorni per recuperare le energie prima dell’Europa League». Invece, per due giorni i dirigenti del calcio hanno saputo solo litigare. «Non fa onore all’Italia. Il virus sta creando problemi enormi a tutto lo sport, è tempo che il calcio capisca che non esistono atleti di serie A e atleti di serie B. Essere più popolari e guadagnare di più non dà ai calciatori più diritti rispetto a chi si è magari allenato molto più di loro per ottenere un pass olimpico. È una questione di rispetto». Abbiamo ascoltato polemiche stucchevoli da parte di dirigenti egoisti: perché? «Credo sia un problema culturale.
Lo sport mondiale non sa come organizzare i calendari delle gare di avvicinamento ai Giochi, indispensabili per qualificarsi, e ci tocca sentire dirigenti del calcio che calcolano il numero dei diffidati, degli squalificati, dei titolari e delle riserve. Ma vi prego!. Molti di loro non hanno mai avuto una visione generale. Per carità, fanno i propri interessi e li capisco, ma questo succede solo in Italia. Anche da noi servirebbe la figura del commissioner all’americana, una persona democraticamente eletta dai club che però decide, senza che tutti e 20 vogliano sempre metterci il becco, e qualcuno di più». Si è anche letto di una “nuova Calciopoli”. «Ma non c’entra niente, è imbarazzante! Il fatto è che i tifosi caricano i loro dirigenti e questi li assecondano finendo di parlare come loro. Non va bene». L’azienda calcio è condotta da persone inadeguate? «L’azienda calcio è formata da 20 azionisti che quando votano devono, o dovrebbero, avere lo stesso peso. Si scelgano una persona che li governi con un ampio mandato. In una nazione mica comandano e decidono sessanta milioni di persone». Domani i club di A verranno nella casa del Coni: per decidere cosa? «Nessuno dovrà sentirsi tirato per la giacchetta, ma allo stesso tempo nessuno dovrà pensare di vivere in un mondo a sé. C’è chi muore, chi si ammala e chi sta provando ad arginare questa emergenza planetaria: direi che è tempo di smetterla con le beghe da cortile. Nel rispetto dei ruoli, mi auguro che la scelta migliore venga presa con ampia convergenza e condivisione». Slittamento di un turno di campionato e non rinvio: l’uovo di Colombo. «La parola rinvio non dovrà più essere usata: come si può rinviare una o più gare di due mesi e mezzo? Quale certezza può garantire una simile decisione?». Resterebbero pezzi di calendario da ricostruire. Per esempio, il recupero di Inter-Sampdoria può non trovare nemmeno una data utile. «Vero, e rimane più delicata la situazione di Lombardia e Veneto. Lì il problema è più complesso, però il cerchio si sta chiudendo. Le criticità vanno capite e affrontate in modo adulto, anche perché siamo di fronte a un evento più unico che raro». Quanto sta pesando l’azione del Coni? «La decisione finale spetta solo alla Lega di A, non al Coni e neppure al governo, ed è giusto così. Però è il governo a dover decidere le eventuali misure di sicurezza e sanitarie, la chiusura o l’apertura degli impianti, chi può andare allo stadio e chi no. Oppure, se non può andarci nessuno». L’ultima parola sarà del calcio: dobbiamo preoccuparci?
«Hanno gli onori, si prendano l’onere. Il calcio dà soddisfazione, visibilità e guadagno economico.
Sappia anche decidere per il meglio». Oltre a fare “moral suasion”, cosa può dire al calcio il presidente del Coni? «Scelgano uno sport a caso, una disciplina qualsiasi. Pugilato? Tiro con l’arco? Pallanuoto? Ciclismo?
Scherma? E io spiegherò loro le enormi difficoltà degli atleti per raggiungere i campi di gara. E stiamo parlando di qualificazioni olimpiche. C’è chi, come i boxeur, ha un colpo solo: perso quel torneo, addio. Gli sciabolatori dovevano gareggiare a Padova, e ancora non sanno se riusciranno ad andare a Tokyo. Lo stesso i pugili in partenza per Londra. Anticiperemo le trasferte, terremo conto dei tempi delle eventuali quarantene, dio non voglia. Vi immaginate le difficoltà organizzative? I costi ingigantiti? Ecco, questo direi ai dirigenti del calcio». A proposito di Tokyo 2020: è così sicuro che i Giochi si disputeranno regolarmente? «Allo stato attuale, il Cio e il comitato organizzatore garantiscono che i problemi per il 24 luglio, giorno di inizio, sono zero. Le difficoltà, come dicevo, riguardano i tornei e gli appuntamenti di avvicinamento. Credo che serviranno deroghe e aggiustamenti, si parla anche di wild card ma quella è una strada più difficile da praticare. Bisogna preparare i tabelloni di gara di ogni sport: non facile, ma il mondo dello sport ci riuscirà». E per quanto riguarda gli Europei di calcio? Si giocheranno?
«Non esiste alcuna possibilità che Euro 2020 salti, anche perché è una manifestazione itinerante e questo aiuta. In estate, poi, i virus di solito spariscono».