L’edizione odierna de “La Repubblica” si sofferma sull’odissea di una giovane badante.
La malattia del padre, venerdì scorso, l’aveva riportata in Ucraina. Nel giro di pochi giorni è scoppiata la guerra, e lei è finita con una sessantina di mamme e bambini a ripararsi nel seminterrato di un asilo vicino a casa. A Nova Kakhovka, nella regione di Kherson, nel Sud del Paese invaso dai russi. Ogni volta che le esplosioni danno tregua, corre nell’appartamento del padre per accertarsi che sia ancora vivo. Lui non può alzarsi dal letto, perciò non ha potuto portarlo con sé al riparo nell’asilo. Vira Bielousova, 28 anni, lavora a Palermo da anni come badante. Assiste una famiglia insieme con il fidanzato, ucraino pure lui, che conosce dai tempi della scuola. Adesso la guerra li ha separati.
Lei sotto le bombe, lui in Sicilia ad aspettarla con il fiato sospeso. Pochi giorni prima della partenza da Palermo si era ritrovata con alcuni ucraini in piazza Verdi a sventolare la bandiera del suo Paese in segno di pace davanti al teatro Massimo. Non poteva immaginare che da lì a pochi giorni quella guerra temuta da lontano avrebbe inghiottito anche lei. «Viviamo sotto le bombe, vediamo i carri armati passare. La guerra è attorno a me. I russi assediano la città e per noi civili non c’è scampo, siamo il loro scudo, non abbiamo modo di lasciare la città per provare a fuggire», dice Bielousova.