L’edizione odierna de “La Repubblica” si sofferma su Liverani che domenica sfida il suo passato al Renzo Barbera.
I tre volti di Fabio Liverani: appena diciottenne promessa del vivaio rosa poi, l’anno dopo, del Cagliari; uomo guida del Palermo post Corini; e oggi allenatore dei rossoblù contro il suo passato e per un presente senza più ombre. Squadre e storie con corsi e ricorsi, appuntamenti prestigiosi, delusioni, speranze. Domenica sarà il suo giorno. Per sentimento di appartenenza, per memoria e principalmente per ragioni di panchina e di classifica. Il presidente Giulini, infatti, spinto da tifosi che intonano il coro di “Liverani ma quando te ne vai?” riflette e gli concede fiducia con durata limitata: o la svolta o l’esonero. Dura la contestazione malgrado la vittoria con il Perugia. La curva vuota e tutto l’impianto contro il tecnico. L’avvenire di Liverani è incerto e neppure la deadline del 26 dicembre, partita con il Cosenza, sembra sicura. Tutto dipende dal “Barbera”, lo stadio dei suoi ultimi trionfi da calciatore.
Talento incompreso Fabio ritrova ancora il Palermo, ventotto anni e mezzo dopo il suo debutto nella Primavera allenata da Lanfranco Barbanti, suo mentore fin dai tempi della Romulea. I due voluti espressamente da Giorgio Perinetti, che conosceva già il ragazzino sedicenne portato a Napoli nel ‘92. «Arrivai il primo luglio del 1994 – il ricordo di Fabio – Restai una sola stagione ma fu un’esperienza molto positiva perché ci qualificammo per i quarti di finale del Viareggio e sfiorammo le semifinali con la Primavera. Con me c’erano Giacomo Tedesco e Alessandro Parisi». Due giovanissimi promossi poi titolari con l’arrivo di Ignazio Arcoleo. Ma come mai un talento del genere, che avrebbe giocato in Champions e nella Nazionale di Trapattoni, venne lasciato libero? «Uno dei dirigenti – spiega Perinetti – diceva che era lento e così la società lo mollò». Una toccata e fuga, dunque, prima del grande ritorno. Le strade si divisero: il leader di Zamparini e successore di Corini sarebbe finito nel Cagliari di Trapattoni, che cominciò a seguirlo con interesse a dispetto della giovane età. Ma senza fortuna perché, con il suo esonero, l’incanto svanì. Fu Luciano Gaucci a riscoprirlo con la promozione in C della Viterbese per poi lanciarlo nel suo Perugia. Da lì la favola: Lazio, Fiorentina e Palermo, «l’ultimo contratto importante della mia carriera».