L’edizione odierna de “La Repubblica” si sofferma sull’inchiesta Juventus e in particolare su Chiellini e le sue ammissioni ai pm.
Difensore in campo, ma anche in Procura. Giorgio Chiellini davanti ai pm che il 4 aprile gli chiedono degli accordi stretti tra la Juventus e i calciatori sugli stipendi, ha tentato di proteggere il club bianconero: ricordi poco precisi e qualche scivolone di memoria. Correggendosi di fronte ai documenti sfoderati dai pm Marco Gianoglio, Mario Bendoni e Ciro Santoriello che gli ricordavano l’obbligo di dire la verità. Le sue ammissioni, a quel punto, diventano prove per i pm nell’inchiesta sui bilanci della società, per cui la Juventus sostiene di aver agito correttamente. Il verbale di sommarie informazioni racconta un clima di tensione crescente con Chiellini, che come capitano, era stato portavoce della squadra nella prima manovra stipendi. Dalle iniziali domande per rompere il ghiaccio, ai suoi rapporti con la società. Chiellini sembra ricordare bene il periodo del Covid, il «pericolo che non si potesse riprendere a giocare», e il ruolo avuto: fu lui, «parlando con Fabio e Andrea (Paratici e Agnelli, ndr)» a individuare nel numero di 4 le mensilità a cui (formalmente) rinunciare. Dopo alcune chiacchierate lui e i compagni hanno deciso di accettare «con la promessa che ripresa la stagione, sulla base di quello che sarebbe successo, una parte sarebbe tornata indietro. Una parte dei contratti sarebbe stata riadeguata in base a quanto avremmo giocato. Questa parte sarebbe oscillata tra le due e le tre mensilità».
Ma cosa succedeva se un calciatore andava via? «Quello che a me è stato messo in busta paga l’anno dopo, sarebbe stato dato a chi andava via come un incentivo all’esodo», ammette. Ma poi i «non ricordo» e i «prendo atto» iniziano a diventare frequenti. L’accordo iniziale con la società era che «avremmo rinunciato a 1-2 mensilità: una se avessimo ripreso il campionato, 2 se non fosse ripreso». I pm gli ricordano l’obbligo di dire la verità, e gli chiedono: «Hai firmato questo accordo con il presidente?». «No, ho firmato una grande stretta di mano». Però poi il capitano ammette: «Ho firmato un foglio, non so dove sia e se ci sia ancora». I pm gli mostrano allora il “patto” firmato il 28 marzo con Agnelli in cui tre dei quattro ratei sarebbero stati restituiti ai calciatori. Lo fanno di fronte al fatto che Chiellini continuava a ripetere che la rinuncia riguardasse solo uno o due stipendi. «Riconosco il foglio, la firma è mia, l’ho firmato a casa del presidente». I pm gli spiegano che «tutti i compagni hanno affermato che l’accordo è sempre stato di rinuncia ad una mensilità». «Prendo atto», risponde lui. Ancora gli inquirenti: «Il recupero dei tre stipendi della stagione 2020-2021 era certo o condizionato?». «Nelle stagioni successive era certo, qualcuno lo aveva spalmato su più di un anno». Ma i problemi l’anno dopo erano rimasti: «Ci è stato chiesto non di rinunciare ma di posticipare una parte dello stipendio, se non sbaglio 2 mesi. Le trattative furono individuali», e la proposta partì «sempre da Paratici».