L’edizione odierna de “La Repubblica” si sofferma sull’emergenza Coronavirus in Sicilia. Caccia disperata alle mascherine. Musumeci e Razza hanno chiesto aiuto all’Ismett e ai soci americani, per far arrivare dispositivi di protezione per chi è in trincea nella lotta al Coronavirus. «Ne servono almeno un milione per garantire per tre settimane, un mese al massimo, i nostri ospedali, ma ne abbiamo ricevute da Roma 70 mila con un carico arrivato stanotte» , va ripetendo il governatore Nello Musumeci, che in un primo momento sperava in una riconversione di alcune aziende siciliane: un progetto che al momento è fermo, anche perché alcune aziende, come quelle del distretto della Meccatronica, possono sì produrre mascherine ma solo per uso civile e non per uso ospedaliero. Se la Regione dà a un medico una mascherine non idonea ai protocolli internazionali e dell’Istituto superiore di sanità, e poi quel medico si ammala, il rischio di risarcimenti milionari è dietro l’angolo. L’assessorato regionale aveva trovato qualche giorno fa una commessa da 2 milioni di mascherine e altro materiale di protezione sanitario, ma il carico è stato fermato in Turchia. Ieri, in gran segreto, l’assessorato ci ha riprovato: questa volta con un acquisto di 1,2 milioni tra mascherine ospedaliere e altri dispositivi di protezione in arrivo da Cina e Turchia. «Incrociamo le dita — dice un componente dello staff di emergenza messo in piedi dall’assessore Razza — in questo momento ci vuole anche fortuna, questo carico doveva essere già oggi qui, speriamo arrivi a breve». Ieri invece il capo della protezione civile regionale, Calogero Foti, ha convocato i responsabili del distretto della Meccatronica e delle sette aziende che si erano dette pronte a produrre alcuni dispositivi da subito. Anche se, come viene confermato anche dalla stessa protezione civile, non potranno realizzare mascherine per uso sanitario, comunque riconvertendo la produzione potrebbero sfornare fino a 10 mila mascherine al giorno da distribuire tra uffici pubblici, dipendenti regionali, addetti alla case di riposo ( più colpiti, vedasi caso Villafrati e Messina) e anche nelle filiere della grande distribuzione alimentare che continuano a lavorare a pieno regime.