Repubblica: “Leandro Rinaudo: «Così aiuto i giovani a coltivare il sogno di giocare in rosanero»”
L’edizione odierna de “La Repubblica” riporta le dichiarazioni di Leandro Rinaudo, direttore tecnico del settore giovanile del Palermo. Da pulcino a dirigente. Leandro Rinaudo ha vissuto tutti i ruoli dentro il Palermo, percorrendo strade che lo hanno portato anche confrontarsi con spogliatoi di squadre importanti come Napoli e Juventus. «Il Palermo è stato il primo amore – dice Rinaudo – da palermitano sin da piccolo sognavo di indossare questa maglia.E riuscire a farlo nel settore giovanile era già una grande soddisfazione. Poi i sogni crescevano con me e raggiungerli con la maglia rosanero era sempre un grande onore. Dopo tanti sacrifici miei e della mia famiglia ho coronato quello più grande: indossare la maglia del Palermo in A e in Coppa Uefa».
Pensa di avere raggiunto il massimo che poteva in rosanero?
«Ho vissuto tanti Palermo. Nel settore giovanile eravamo in C, poi crescendo siamo passati in B e quando sono arrivato in prima squadra c’era la A ad alti livelli. Il sogno era giocare in prima squadra al di là della categoria e farlo in serie A e in Coppa Uefa segnando anche una doppietta in una competizione europea è stato il massimo».
Se le chiedo la prima partita che le viene in mente?
«Il primo gol in campionato del Palermo nel 2007-08 che ho segnato a Livorno, ma anche la vittoria 3-2 contro la Juve con gol allo scadere di Cassani».
Che ricordi ha dello spogliatoio che ha vissuto a Napoli?
«Era multietnico. Gli italiani erano la maggioranza, ma il gruppo di sudamericani si faceva sentire. Con loro avevo un gran rapporto, soprattutto per la mentalità come quella che abbiamo noi del Sud: con Lavezzi e Gargano si stava bene. Era tutto musica e mate».
E alla Juventus?
«Quello era uno spogliatoio completamente diverso. C’è la percezione di un ambiente di grande professionalità. Vedi che c’è un’impostazione precisa, dal magazziniere all’allenatore, tutti hanno un certo tipo di atteggiamento. E si capisce perché raggiungono certi risultati».
C’è un giocatore fra i compagni di squadra che ha avuto che l’ha colpita di più?
«Ho avuto il piacere di giocare con tanti calciatori importanti. A Palermo con Cavani. Del Piero e Buffon alla Juventus. Lavezzi a Napoli. Quello che mi ha sorpreso di più però è stato Hamsik, ma non tecnicamente, piuttosto per la sua professionalità. Nel calcio servono qualità fisiche e tecniche, ma la differenza la fa testa e l’impegno. E sono caratteristiche che cerco di trasferire ai nostri ragazzi giorno dopo giorno, fare capire che il calcio fatto a certi livelli è un lavoro serio, molto serio».
Fra gli allenatori chi le ha insegnato di più?
«Davide Nicola, sia tatticamente che a livello motivazionale mi ha colpito. Soprattutto per il modo in cui riesce a trasmettere le idee».
Come si sta dall’altra parte della scrivania?
«Si lavora molto di più rispetto a quando giocavo. È un ruolo che ho sempre guardato con grande interesse anche quando facevo il calciatore. Cercavo di strappare qualche segreto ai diesse perché mi piaceva il loro lavoro e mi immaginavo in questa veste. Si pensa che un diesse compra e vende giocatori, ma ci sono altre mille mansioni che non si vedono e che sono fondamentali. C’è la parte gestionale, risolvere mille problemi, il rapporto con squadra, allenatore e il suo staff».
Mai pensato di fare l’allenatore?
«No, mi ha sempre affascinato il ruolo dirigenziale e con grandi sacrifici, come quando ero piccolo, mi sono messo d’impegno, ho studiato tantissimo e, sbagliando, facendo esperienza, sto cercando di fare la mia strada».
Il suo punto di riferimento?
«Apprezzo molto Stefano Marchetti del Cittadella. Ci sono direttori sportivi che hanno fatto e continuano a fare la storia, da Braida a Sabatini, ma anche Moggi. Però lui dimostra che anno dopo anno si possono ottenere risultati scoprendo giocatori che ogni anno continuano a stupire».
Lei ha già fatto il direttore sportivo in una prima squadra, tornare a Palermo nel settore giovanile non è un passo indietro?
«In tanti mi hanno detto che lo è. E forse sulla carta probabilmente è così. Fare il diesse in B e poi fare il direttore tecnico delle giovanili in D può sembrare un passo indietro. Ma io ho un obiettivo: dare una mano al Palermo e ai ragazzi che si avvicinano al Palermo per coronare il sogno che è stato il mio e che sono riuscito a raggiungere».
Che effetto le fa lavorare con Rosario Argento che quando lei giocava era un suo dirigente?
«Capisci che il tempo passa. Ci capita di pensare a quando ero piccolino. Sono le dinamiche della vita. Sono contento di averlo ritrovato, siamo ben affiatati».