L’edizione odierna de “La Repubblica” si sofferma sulla situazione relativa alle scuole in Sicilia, ma non solo.
Alla fine si riparte. In classe, in presenza, almeno finché dura. «Siamo preoccupati come tutti — dice la sera della vigilia il ministro Patrizio Bianchi — ma la scuola è pronta ». Da stamattina sui banchi ci saranno più di 6 milioni e mezzo di studenti. All’appello mancano gli alunni siciliani — per loro le lezioni riprenderanno giovedì anche se il Cts regionale ha proposto la zona rossa fino a fine mese — quelli campani — rimandati al 31 gennaio — e di altre 102 città. In tutta Italia sono 1.044 i Comuni, contati da Repubblica, in cui sindaci o governatori hanno scelto di rinviare l’apertura: uno ogni otto.
Alle due Regioni del Sud Italia si sono aggiunte 43 ordinanze in Calabria, 22 nel Lazio, 10 in Piemonte, 9 in Abruzzo, 7 in Molise, 3 in Lombardia, altrettante in Sardegna, 2 in Basilicata, una in Veneto e 4 in Puglia. Il governatore Michele Emiliano ha deciso la riapertura controvoglia, invitando le famiglie pugliesi che invocano la Dad a un ricorso, autonomo, al Tar. Ma pure il fronte delle Regioni è spaccato: «In un Paese dove è tutto aperto tenere chiuse le scuole non solo è un brutto segnale ma è poco utile», spiega dalla Liguria il presidente Giovanni Toti. E infatti la maggioranza riparte. Seppur in classi spopolate da contagi e quarantene: sono circa 380 mila gli alunni chiusi in casa per Covid, tra malattie e isolamento. E poi ci sono i 100 mila assenti stimati dall’Associazione nazionale presidi tra docenti e personale Ata. Di questi l’80% sono maestri e prof: sospesi perché contrari all’obbligo vaccinale, No vax, contagiati, isolati.