“«La verità è che siamo indifesi davanti ai violenti. Allo stadio può entrare di tutto e i controlli seppur serrati possono risultare inefficaci». Vittorio (è un nome di fantasia) da anni lavora come steward allo stadio Renzo Barbera. La sua è una vita da “maschera”: 35 euro a partita cercando di schivare possibili aggressioni. Dopo quanto accaduto domenica scorsa, quando unapioggia di petardi e fumogeni, ma anche pezzi di lavandini e altri oggetti è arrivata in campo, è scattato l’allarme sicurezza allo stadio.Domenica anche gli steward sapevano che sarebbe stata una serata difficile. «Si sapeva che la tifoseria avrebbe dichiarato guerra alla squadra se i giocatori non si fossero impegnati. E così è stato. Noi abbiamo fatto di tutto per procedere con controlli puntuali», dice Vittorio.Di fatto, dopo il pomeriggio di violenza in via Libertà che al momento si è concluso con otto arresti di tifosi palermitani e laziali, dentro al Barbera sono arrivati 14 petardi, 4 bengala e 2 fumogeni. Ma come è potuto accadere che quel piccolo arsenale è passato inosservato? «E inutile prendersi in giro. Noi ai tornelli possiamo aprire le borse e passare il metal detector. I petardi è facile nasconderli addosso. Bengala e fumogeni però non è da escludere che siano stati introdotti allo stadio prima della partita››, spiega. Quattro ore prima della sfida le forze dell’ordine “bonificano” lo stadio. Come mai non sono stati scovati? “Sì, è vero -spiegalo steward -ma il Barbera è una struttura vecchia con tanti posti dove poter nascondere bene certi oggetti. I cani dei cinofili non arrivano a certe altezze, dove può essere facile sistemare ciò che si vuole. E poi basta andare di pomeriggio vicino allo stadio per vedere scavalcare indisturbati i ragazzini anche solo per giocare. Ma quegli stessi ragazzini potrebbero essere utilizzati come corrieri dai tifosi violenti”. Gli escamotage possono essere anche altri. E Vittorio ne ha viste tante ai varchi del Barbera. «Uno dei tanti stratagemmi -racconta lo steward è quello di creare confusione ai tornelli. Accade che per decine di minuti non si presenta nessuno, poi, all’improvviso veniamo travolti anche da seimila persone che si presentano in massa. È in quei casi che non possiamo far altro che essere più veloci nei controlli, pur se cerchiamo di mantenere un ritmo e uno standard di attenzione alti».Domenica i tornelli sono stati aperti con largo anticipo, alle 1 8,30, proprio per consentire che non ci fossero intoppi. «La decisione da parte della questura era stata adottata per cercare di procedere con controlli in tranquillità. Ma la macchina di oltre 350 uomini non è servita a evitare che in campo arrivasse di tutto››. Ma dov’è la falla nei controlli? «Non c’è, perché noi eseguiamo ciò che prevede la legge che, addirittura, prevede che non a tutti si debbano aprire le borse ma solo a una percentuale degli spettatori», continua Vittorio. Il questore Guido Longo, dopo l’assedio al Barbera, ha sottolineato che sarebbe assurdo perquisire 21 mila spettatori, ma che comunque la polizia può intervenire solo in caso di episodi gravi. «Ricordiamoci che andare allo stadio dovrebbe essere un momento di festa, gli spettatori e i tifosi non possono essere scoraggiati», dice Vittorio. E anche vero, però, che domenica per pochi violenti a patire le conseguenze sono stati gli amanti del calcio. Partita per due volte sospesa per il lancio di fumogeni e petardi. «Ero dentro allo stadio e tra le gambe, ad alcuni di noi, sono arrivati pezzi di lavandino, petardi e fumogeni. Rischiamo tanto per pochi spiccioli››. Il tema della sicurezza, comunque, dovrebbe essere caro soprattutto a chi frequenta gli stadi. «Ai tifosi si chiede un atto di responsabilità e di appartenenza», ha detto il questore Guido Longo. Non ci sarebbero altre soluzioni da adottare. Anche se Vittorio, leggendo i nomi degli arrestati palermitani sul giornale, commenta: «Forse la legge dovrebbe prevedere pene più pesanti, come avviene in altre parti d’Europa, e non solo Daspo che magari scadono dopo pochi mesi»”. Questo quanto riporta l’edizione odierna de “La Repubblica”.